La denuncia della ct serba, il record di punti e i sospetti sulla numero 12: cosa c’è dietro il nuovo caso Imane Khelif nella pallavolo femminile


Una sospetta irregolarità, dopo la sonora sconfitta per 3-0 della Serbia nella sfida dei mondiali di pallavolo under-21 contro il Vietnam. È da un semplice dubbio di una allenatrice scottata dal risultato che è scoppiato un nuovo scandalo nello sport femminile. Nel Dna delle atlete Dang Thi Hong e Nguyen Phuong Quynh, dopo un test di genere, è stata riscontrata la presenza di cromosomi maschili. Le due giovani vietnamite sono state immediatamente squalificate e le tre vittorie della loro squadra sono state trasformate in tre sconfitte, eliminando di fatto la nazionale dai quarti di finale in cui avrebbe dovuto incontrare l’Italia. Un avvenimento che, alla lontana e con non poche differenze, ricorda la polemica sulla pugile algerina Imane Khelif.
Il torneo dei record per Dang Thi Hong e la trasformazione fisica
«Non ci siamo mai allenate contro squadre maschili…». Una frase allusiva ma ben chiara, quella della ct della nazionale serba, che ha anticipato l’indagine lampo condotta dalla Federazione internazionale pallavolo (Fivb). Un sospetto derivato anche dalla struttura fisica delle avversarie, in particolare la capitana Dang Thi Hong. L’atleta con il numero 12 stampato sulle spalle stava letteralmente dominando il Mondiale, del quale era migliore attaccante con 83 punti. Per intenderci, la seconda migliore marcatrice del Vietnam – con una partita in più rispetto alla 19enne squalificata – ne ha segnati 39. Il record di Dang Thi Hong è stato prontamente cancellato dalla Fivb, che ha azzerato le sue statistiche nel sito ufficiale. Da foto di due anni fa, rispetto alle ultime immagini, appare abbastanza evidente una netta trasformazione fisica della giovane atleta e per questo da tempo era al centro dell’attenzione.

Il test cromosomico voluto da Trump e il gene SRY
Le due atlete sono state escluse poco prima del match contro il Porto Rico perché ritenute «non idonee». La loro identità, che pure non era stata resa pubblica dalla Federazione, è stata dedotta immediatamente guardando le giocatrici sedute in borghese sugli spali. «Abbiamo condotto un’indagine in conformità con i nostri regolamenti, accertando la non idoneità delle atlete ai sensi dell’articolo 12.2 del Regolamento disciplinare», ha fatto sapere da Fivb. Le due si sarebbero infatti sottoposte a un «test cromosomico» per confermarne il sesso, quello che Donald Trump ha disposto diventasse obbligatorio in vista delle Olimpiadi di Los Angeles 2028. Questo test serve a escludere la presenza del gene SRY sul cromosoma Y, un marcatore molto affidabile e con basso margine di errore per indicare se il sesso biologico alla nascita sia XX (femminile) o XY (maschile).
La difesa (inutile) della Federazione vietnamita
La Federazione vietnamita ha provato a difendere le due atlete presentando le carte d’identità per certificare il loro sesso femminile. Il segretario generale, poco prima della sospensione, aveva chiarito: «Dang Thi Hong e Nguyen Phuong Quynh sono state regolarmente iscritte e hanno partecipato al Campionato Asiatico Giovanile Femminile Under 20 del 2024 e ora hanno disputato le prime partite della loro squadra ai Campionati Mondiali Under 21 in Indonesia». Insomma, per loro era tutto regolare.
Il caso Imane Khelif e le false accuse di transessualità
Il caso assomiglia in qualche forma allo scandalo, o presunto tale, che per mesi aveva infiammato l’opinione pubblica intorno alla pugile algerina Imane Khelif, oro olimpico a Parigi 2024. L’atleta, nel marzo 2023, era stata squalificata dai Mondiali dilettanti femminili 2023 per non aver superato un non ben precisato «test di idoneità». Secondo il Comitato interazionale olimpico aveva infatti mostrato livelli di testosterone troppo elevati, stando invece all’Associazione box (Iba) si era sottoposta a un test del Dna che aveva dimostrato la presenza di cromosomi maschili XY (cosa che non comporta per forza essere uomo, ndr). L’anno dopo, però, il Cio ha autorizzato Khelif a partecipare alle Olimpiadi perché «rispettava l’idoneità e le norme di ammissione alla competizione, nonché tutte le norme mediche applicabili». Molti l’hanno falsamente accusata di essere una donna transgender, mentre il Comitato l’ha definita «donna, nata donna, registrata come donna che ha vissuto la sua vita come donna».