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I cuochi assunti come lavapiatti, i direttori di sala come camerieri: il buco nero dei contratti dei ristoranti a Roma

21 Agosto 2025 - 08:40 Valentina Romagnoli
contratti camerieri ristoranti
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Cuochi pagati da lavapiatti, direttori di sala trattati da camerieri: stipendi e tutele tagliati, servizio e qualità a rischio

Un cuoco che firma da lavapiatti. Un direttore di sala che, almeno sulla carta, risulta semplice cameriere. Nel mondo della ristorazione i contratti “pirata” rappresentano un fenomeno diffuso. Secondo le analisi di Confcommercio, un lavoratore su tre, infatti, verrebbe assunto con qualifiche e retribuzioni inferiori rispetto al ruolo effettivamente svolto. Dietro ci sono contratti proposti da organizzazioni minori, paralleli a quello firmato da Fipe (la Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e dalle principali sigle di categoria. Una giungla contrattuale che metterebbe in difficoltà i dipendenti, spesso ignari dei diritti e delle tutele cui potrebbero accedere. In questo modo, non si ha solo una minore motivazione da parte del personale, ma anche una perdita di professionalità e qualità del servizio che ricade sull’esperienza del cliente, come sottolinea Il Messaggero.

Migliaia di euro di differenza tra i contratti

Gli effetti sul piano economico sono pesanti. Il differenziale retributivo oscilla tra i 3mila e gli 8mila euro lordi annui a seconda della mansione. Un cuoco professionista può arrivare a perdere fino a 4mila euro all’anno, un macellaio 5.800, un magazziniere quasi 8mila, un salumiere circa 5mila. Sul fronte previdenziale, la mancata contribuzione può superare i 1.500 euro annui. Roma è l’epicentro di questo fenomeno: la ristorazione nella Capitale rappresenta il 10% delle attività nazionali con almeno 20mila pubblici esercizi. Ma l’effetto si estende a tutto il Paese.

I contratti pirata? «Tra le prime cause di insoddisfazione dei dipendenti»

C’è poi la concorrenza sleale. Due ristoranti identici, con lo stesso personale e lo stesso flusso di clienti, possono registrare guadagni diversi proprio a causa dei contratti applicati. «I contratti pirata sono una delle prime cause di insoddisfazione dei dipendenti» avverte Sergio Paolantoni, presidente di Fipe Roma Confcommercio. «Noi applichiamo il contratto nazionale della ristorazione, già firmato da quasi un milione di lavoratori in Italia. Ma non è accettabile che accanto a questo ci siano quattordici contratti a ribasso, che non garantiscono né i dipendenti né gli imprenditori».

Si abbassa la qualità e aumenta il rischio di riciclaggio

Il problema si riflette anche sulla qualità del settore. Nel centro di Roma – e non solo – si moltiplicano locali che aprono e chiudono rapidamente, spesso con un’offerta di cibo e servizio che non raggiunge la soglia minima di sufficienza. In parallelo, le indagini della magistratura hanno più volte accertato come alcuni ristoranti siano diventati veicoli per il riciclaggio di denaro da attività criminali, con società intestate a prestanome e usate come vere e proprie “lavatrici”. Secondo Confcommercio, la strada da seguire è un’unica regola valida per tutti. «Stesso mercato, stesse regole», ribadisce e auspica Paolantoni.

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