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La farsa delle multe per chi si piazza con lo yacht nell’area protetta alla Maddalena: «Cifre ridicole: fanno danni e perdiamo le spiagge»

23 Agosto 2025 - 12:12 Ugo Milano
la maddalena overturism
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La denuncia del direttore del Parco nazionale che non può rendere più care le multe. La cifra «ridicola» con cui vengono puniti i turisti che portano le loro barche dove non potrebbero. I danni che mettono a rischio isole e spiagge

La Maddalena, uno degli angoli più belli e fragili del Mediterraneo, è sotto assedio. Ogni estate decine di yacht, catamarani e gommoni invadono le acque protette, ignorando i divieti e danneggiando la prateria di posidonia, fondamentale per la biodiversità marina. Eppure, chi viene sorpreso rischia una multa ridicola: «51 euro», come fa notare Giulio Plastina, direttore del Parco Nazionale. Un confronto impietoso con la Francia, scrive il Corriere della Sera, dove lo scorso giugno un catamarano che aveva ancorato in un’area vietata davanti alle isole Riou e Plane è stato multato per 50 mila euro, più 49 mila di risarcimento e indennizzi alle associazioni ambientaliste. Il giudice aveva inflitto la sanzione nonostante la difesa degli armatori, che hanno tentato di giustificarsi dicendo che «ce lo chiedevano i turisti a bordo».

Le conseguenze ambientali sulla posidonia

Le conseguenze ambientali, spiegano gli esperti, sono devastanti e irreversibili. La posidonia stabilizza i fondali, produce ossigeno e protegge la biodiversità. Ogni ancoraggio scorretto può compromettere anni di equilibrio naturale. Ma in Italia sembra vincere la “tolleranza”: il Parco Nazionale della Maddalena non ha mai ricevuto strumenti adeguati per far rispettare le regole. Le immagini parlano da sole. Cala Bassa Trinità è un tappeto di tende, sdraio e ombrelloni. Cala Coticcio, Cala Corsara e Cala Spalmatore vedono centinaia di motoscafi e barche l’una accanto all’altra. In quest’ultima, dove giacciono preziosi resti archeologici, è stato avvistato anche lo yacht «La pausa» di Daniela Santanchè e Ignazio La Russa. Anche Santa Maria è diventata un formicaio, con centinaia di bagnanti scaricati ogni giorno dalle imbarcazioni turistiche, nonostante i limiti imposti nel 2019 dal Piano Utilizzo Litorali del Comune. La Spiaggia Rosa di Budelli è stata chiusa dopo che metà della sabbia era sparita a causa dell’eccessivo calpestamento. Caprera soffre gli ingorghi: fino a 800 auto al giorno senza vie di fuga in caso di incendio.

La presidente del Parco: «Spiagge e isole a rischio, se le perdiamo non le recupereremo»

Rosanna Giudice, presidente del Parco, parla chiaro: «Questo turismo implosivo non può più essere consentito. Occorre agire, tagliare il superfluo per salvare ciò che resta. Le spiagge e le isole sono a rischio. La terra e le radici dei ginepri emergono dalla sabbia: quello che perdiamo non si recupera». Il Parco copre oltre 20 mila ettari tra terre e mare e ospita sessantatré specie protette, dai gabbiani corsi alle morette tabaccate fino al falco di palude. Ma l’ente non ha autonomia gestionale. I dipendenti possono solo accompagnare i visitatori e segnalare le violazioni alla Capitaneria di Porto o ai Forestali, che spesso non hanno tempo per uscire in mare. La situazione è resa più grave da una flotta di circa 30 mila imbarcazioni che ogni anno frequentano l’area marina.

Gli interessi delle imprese nautiche

Gli interessi economici del turismo nautico si scontrano con quelli ambientali. La Sardegna ospita quasi un quinto dei posti barca italiani, concentrati soprattutto in Gallura. Le grandi imprese nautiche investono milioni, mentre il Parco non può assumere personale, non ha un CDA operativo e deve affrontare procedure burocratiche costose per qualsiasi convenzione. «Siamo come moscerini contro titani», ammette Giulio Plastina, direttore del Parco. Un’altra falla riguarda i pagamenti per l’accesso alle acque protette. L’evasione stimata è tra il 30 e il 35%, con una perdita superiore ai 700 mila euro all’anno. La cifra basterebbe a creare squadre di controllo in grado di far rispettare le regole, tutelare l’ambiente e garantire sicurezza ai turisti e agli abitanti.

La denuncia del Codacons alle Procure competenti

Nelle ultime ore, anche il Codacons ha fatto manifestato interesse nella vicenda. Il coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori ha annunciato una denuncia formale alle Procure competenti per danneggiamento di beni naturali e per omissione di atti d’ufficio nei confronti della Guardia Costiera. «Le immagini di questi giorni parlano chiaro: fondali e praterie di posidonia distrutti dagli ancoraggi, spiagge sovraffollate, flussi turistici incontrollati. Un vero scempio – ha ribadito in una nota – aggravato dall’assurdità delle sanzioni: in Italia chi viola i divieti paga appena 51 euro, meno di una multa per divieto di sosta, mentre in Francia chi danneggia aree marine protette rischia fino a 100mila euro di multa».

«Inaccettabile sacrificare un patrimonio così fragile e prezioso»

Per l’associazione, infatti, «è inaccettabile che uno dei patrimoni ambientali più fragili e preziosi del Paese venga sacrificato agli interessi del turismo nautico di lusso e all’incapacità delle istituzioni di far rispettare la legge». Per questo, oltre a denunciare i responsabili, il Codacons ha chiesto alla magistratura «di disporre il sequestro delle imbarcazioni sorprese a violare i divieti, unico strumento in grado di garantire un’effettiva dissuasione». Contemporaneamente ha sollecitato il Governo e Parlamento «ad adeguare subito il regime sanzionatorio alle normative europee e a destinare i proventi delle multe e delle tasse ambientali al rafforzamento della vigilanza sul territorio, anche attraverso nuove assunzioni di personale dedicato».

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