I giovani in Italia sempre più lontani dalla dieta mediterranea, e gli esperti riscrivono le regole del cibo con una nuova piramide alimentare


Nelle abitudini alimentari dei giovani italiani si sta aprendo un solco che i numeri rendono evidente: verdura che scompare dai piatti, frutta dimenticata, cereali integrali quasi assenti, latte e latticini sempre meno presenti. Al contrario, la carne continua a occupare uno spazio crescente, ben oltre le quantità raccomandate. Una fotografia che racconta uno spostamento silenzioso, ma profondo, rispetto agli equilibri alimentari che per decenni hanno caratterizzato il nostro Paese. Secondo i dati più recenti presentati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana, quasi un giovane su dieci non consuma verdura, il 7% non mangia frutta e il 26% non inserisce cereali integrali nella dieta. A ciò si aggiunge un 14% che evita latte e derivati, con possibili conseguenze sull’apporto di calcio e altri micronutrienti in età di crescita. Sul versante opposto, quasi la metà dei giovani, il 47%, dichiara di consumare carne più di tre volte a settimana, oltre le quantità considerate ottimali per la prevenzione delle malattie croniche.
Uno spostamento del profilo nutrizionale nelle nuove generazioni
Gli esperti spiegano come le percentuali rilevate non suggeriscano solo un cambiamento di preferenze ma un vero spostamento del profilo nutrizionale delle nuove generazioni. La riduzione di frutta, verdura e cereali integrali comporta un apporto più basso di fibre, vitamine e antiossidanti, nutrienti che svolgono un ruolo protettivo contro malattie metaboliche e cardiovascolari. Allo stesso tempo, il consumo ridotto di latte e latticini può incidere negativamente sull’assunzione di calcio e vitamina D, fondamentali durante la crescita per lo sviluppo delle ossa e la prevenzione di future fragilità. In parallelo, l’eccesso di carne rossa e trasformata introduce nella dieta una quantità maggiore di grassi saturi e sale, fattori associati a un aumento del rischio di obesità, diabete di tipo 2 e ipertensione. Non si tratta quindi di squilibri marginali, ma di un cambio di paradigma, che potrebbe avere conseguenze concrete sulla salute dei ragazzi di oggi e degli adulti di domani. La combinazione di un apporto insufficiente di alimenti protettivi e un eccesso di proteine animali viene considerata dagli specialisti un fattore di rischio emergente. La carenza di fibre, vitamine e antiossidanti riduce le difese naturali dell’organismo contro l’infiammazione cronica, aumentando la probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari in età precoce. Gli esperti sottolineano anche l’impatto metabolico: una dieta povera di vegetali e sbilanciata sulle proteine animali favorisce sovrappeso e obesità già in adolescenza, aprendo la strada al diabete di tipo 2 e ad alterazioni del metabolismo lipidico. Non meno rilevante è la salute ossea: l’esclusione di latte e latticini può compromettere l’apporto di calcio in una fase cruciale per la mineralizzazione scheletrica, con possibili ripercussioni future sotto forma di osteopenia o osteoporosi.

Le conseguenze più gravi: fin da giovani malattie cardiovascolari
La combinazione di un apporto insufficiente di alimenti protettivi e un eccesso di proteine animali viene considerata dagli specialisti un fattore di rischio emergente. La carenza di fibre, vitamine e antiossidanti riduce le difese naturali dell’organismo contro l’infiammazione cronica, aumentando la probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari in età precoce. Gli esperti sottolineano anche l’impatto metabolico: una dieta povera di vegetali e sbilanciata sulle proteine animali favorisce sovrappeso e obesità già in adolescenza, aprendo la strada al diabete di tipo 2 e ad alterazioni del metabolismo lipidico. Non meno rilevante è la salute ossea: l’esclusione di latte e latticini può compromettere l’apporto di calcio in una fase cruciale per la mineralizzazione scheletrica, con possibili ripercussioni future sotto forma di osteopenia o osteoporosi.
La nuova piramide alimentare
Per rispondere a questo scenario, la Società Italiana di Nutrizione Umana è intervenuta su uno strumento simbolo nella scienza alimentare, la piramide, con l’intento dichiarato di prevedere una guida più vicina alle esigenze delle nuove generazioni. Pubblicato sulla rivista Nutrition, Metabolism and Cardiovaluscar Diseases, il nuovo modello alimentare fatto a piramide non si limita a un semplice e restyling grafico, come spiegano gli studiosi, «ma di una revisione sostanziale che tiene conto di tre dimensioni: la salute delle nuove generazioni, la sostenibilità ambientale e la necessità di linee guida più flessibili rispetto al passato». Al centro della nuova piramide ci sono gli alimenti che risultano più carenti nelle diete dei giovani: frutta, verdura, cereali integrali e legumi. Sono loro a costituire la base quotidiana, perché garantiscono fibre, vitamine e composti bioattivi con effetto protettivo sul metabolismo e sul sistema cardiovascolare. Il ruolo delle proteine animali, al contrario, è stato ulteriormente ridimensionato: la carne rossa e lavorata è collocata in cima, a indicarne il consumo solo occasionale, mentre trovano spazio privilegiato le proteine vegetali e quelle di origine marina, considerate più favorevoli in chiave preventiva e sostenibile.

Per condire è sempre meglio l’olio extra vergine di oliva
Come grasso da condimento è stato sostituito l’olio d’oliva con l’olio extra vergine d’oliva, per il contenuto maggiore di sostanze antiossidanti e anti-infiammatorie. Latticini magri, come yogurt e latte, sono scesi al fianco di cereali integrali e frutta secca, con il consiglio di un consumo giornaliero. Mentre i formaggi rimangono nella parte centrale della piramide, con un consumo previsto settimanale insieme alle uova. Altro spostamento importante è quello della carne rossa, ora all’apice della struttura alimentare insieme ai salumi, e per la quale si consiglia un consumo occasionale. Altro alimento soggetto a modifica sono le patate, consigliate settimanalmente e non nella fascia dei cibi giornalieri come era prima. Zucchero, sale e alcol vengono posizionati al di fuori della piramide, sottolineando la necessità di limitare il più possibile i primi due. Mentre per vino e simili si ribadisce quanto non esista in realtà un consumo definibile sicuro per la salute.
Distribuire la dieta durante la settimana meglio che farla giorno per giorno
Una novità rilevante è il passaggio da una prospettiva giornaliera a una visione settimanale della dieta: non è più necessario rispettare uno schema rigido ogni giorno, ma si punta a un equilibrio distribuito nell’arco della settimana. Questo approccio rende il modello più realistico e praticabile, in linea con i ritmi di vita contemporanei, soprattutto tra i giovani che alternano pasti in famiglia, a scuola e fuori casa. La piramide, inoltre, non si limita a elencare alimenti: alla sua base sono state inserite anche le abitudini comportamentali che supportano il benessere complessivo – dall’attività fisica regolare, all’idratazione, fino al sonno di qualità. Una scelta che riflette la visione moderna della nutrizione, non più intesa come somma di calorie e nutrienti, ma come parte integrante di uno stile di vita sano e integrato. «Il nuovo modello enfatizza gli alimenti vegetali e la varietà, incoraggiando un approccio misurato agli alimenti di origine animale e includendo nella piramide anche elementi non alimentari, come attività fisica, idratazione e stili di vita salutari», riassumono gli esperti SINU.
Dalla teoria alla prevenzione: perché la piramide alimentare riguarda tutti
L’aggiornamento della piramide alimentare non ha soltanto un valore educativo individuale ma rappresenta per gli esperti uno strumento prezioso per le politiche di prevenzione: con questa espressione, in sanità pubblica, si indicano le strategie che mirano a ridurre l’insorgenza di malattie prima che compaiano, agendo sui fattori di rischio a monte. Nel caso dell’alimentazione, significa fornire strumenti chiari e condivisi per ridurre il peso delle patologie croniche. Le abitudini che si consolidano in età giovanile tendono infatti a persistere nel tempo, influenzando la probabilità di sviluppare obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e alcuni tumori. La piramide, nata e introdotta per la prima volta nel 1992 dall’USDA, il Dipartimento dell’Agricoltura USA, è ancora considerato un modello di salute pubblica: semplifica concetti complessi, offre un linguaggio condiviso grazie al quale spesso viene adottata nei regimi alimentari seguiti da scuole, mense di ogni genere e per campagne di prevenzione.
Il modello mediterraneo e le sue nuove riletture ed elaborazioni
Pur restando tra i modelli alimentari più studiati e apprezzati, la dieta mediterranea è oggi al centro di un dibattito scientifico ancora aperto. Alcuni ricercatori mettono in evidenza un primo limite: la difficoltà di definirla come schema unico. Parlare di “dieta mediterranea” al singolare significa infatti ricondurre a un modello comune tradizioni molto diverse, dalle coste italiane a quelle greche, spagnole o nordafricane. Una semplificazione che, secondo diversi esperti, rischia di appiattire la ricchezza culturali e i territori. Un altro punto sollevato dagli studiosi riguarda la misurazione dell’aderenza. Gli indici utilizzati negli studi epidemiologici attribuiscono punteggi al consumo di singoli alimenti – come legumi, pesce o olio d’oliva – ma si basano spesso su soglie arbitrarie. Secondo una review pubblicata su BMC Translational Medicine nel 2024, la scelta dell’indice condiziona fortemente i risultati, al punto da rendere difficile confrontare le ricerche tra loro.
Non conta solo il cibo che si mangia, ma anche l’ambiente in cui si vive
Anche la portata universale dei benefici è oggetto di discussione. Se in Italia e negli altri Paesi mediterranei gli effetti protettivi della dieta sono stati confermati in modo consistente, i dati raccolti in contesti non mediterranei appaiono meno omogenei. Alcuni epidemiologi suggeriscono che i risultati positivi possano dipendere non solo dagli alimenti consumati, ma anche da fattori ambientali, culturali e persino genetici delle popolazioni coinvolte. Infine, diversi esperti sottolineano che la dieta mediterranea è diventata anche un simbolo culturale e identitario, specie dopo il riconoscimento UNESCO del 2010. Una dimensione che, secondo alcuni, rischia di idealizzare il modello fino a trasformarlo in una sorta di “ideologia alimentare”, mentre le pratiche quotidiane dei Paesi mediterranei – segnate da globalizzazione, prodotti industriali e perdita di stagionalità – si discostano sensibilmente dall’immagine proposta. Persino il grande studio PREDIMED, a lungo considerato la prova più solida dei suoi benefici, è stato ripubblicato dopo una revisione metodologica, a testimonianza del fatto che la ricerca scientifica in questo campo rimane in continua evoluzione.
Obesità e diabete nei più giovani: segnali che arrivano troppo presto
Le conseguenze delle nuove abitudini alimentari tra i giovani italiani non si riducono a una questione di preferenze o tradizioni che cambiano: sono già misurabili nei profili di rischio epidemiologico. Secondo il sistema di sorveglianza nazionale OKkio alla Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, circa il 30% dei bambini in età scolare presenta sovrappeso o obesità. Questo dato non fotografa soltanto un aumento di peso, ma rappresenta un “biomarker precoce”, cioè un indicatore biologico che segnala la probabilità futura di sviluppare malattie metaboliche come diabete di tipo 2, ipertensione o patologie cardiovascolari. Numerosi studi longitudinali (che seguono le stesse persone per diversi anni) hanno infatti dimostrato che il sovrappeso infantile è un predittore significativo di malattie croniche in età adulta.
Attenti a mangiare frutta e verdura con regolarità
Oltre alla quantità di cibo, cambia anche la qualità e la struttura del pasto. Le indagini HBSC (Health Behaviour in School-aged Children), coordinate dall’OMS, segnalano che l’irregolarità nel consumo di frutta, verdura e cereali integrali non è solo un deficit nutrizionale, ma indica una più ampia “erosione della struttura del pasto”: in altre parole, i giovani saltano colazioni equilibrate e sostituiscono pranzi completi con snack e prodotti industriali ad alta densità calorica. Secondo gli epidemiologi, questa trasformazione peggiora gli indici complessivi di qualità della dieta e aumenta la probabilità di condotte sedentarie. Un aspetto particolarmente preoccupante è la “anticipazione di patologie metaboliche”, cioè la comparsa di malattie tipiche dell’età adulta già in bambini e adolescenti. Negli ultimi vent’anni, ad esempio, è aumentata la diagnosi di steatosi epatica non alcolica (accumulo di grasso nel fegato non legato all’alcol) e di sindrome metabolica (un insieme di fattori di rischio come obesità addominale, pressione alta e alterazioni del metabolismo degli zuccheri e dei grassi). Questo spostamento in avanti dell’età di insorgenza significa che le nuove generazioni sono esposte più a lungo a condizioni che riducono la qualità della vita e aumentano i costi sanitari.