Ddl Fine vita, la nuova stretta negli emendamenti: «Non esiste il diritto a morire». Escluso il ricorso al Servizio sanitario nazionale


La possibilità che il suicidio assistito venga incluso tra le prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale si allontana ancora di più. Oggi, 11 settembre, il Senato è tornato a discutere del disegno di legge sul fine vita, fermo da mesi in Commissione. Alla prima seduta congiunta di Giustizia e Affari sociali dopo la pausa estiva, i due relatori del testo – i senatori Pierantonio Zanettin (Fi) e Ignazio Zullo (FdI) – hanno depositato sette nuovi emendamenti. E la stretta sul Servizio sanitario nazionale rimane, persino rafforzata. Nonostante i tanti appelli degli ultimi mesi.
Escluso il Servizio sanitario nazionale
«Il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci di cui dispone, a qualsiasi titolo, il Servizio sanitario nazionale non possono essere impiegati per agevolare l’esecuzione del proposito suicidario»: è questo il passaggio chiave della nuova versione dell’articolo 4-bis, uno dei più importanti. In sostanza, chi sceglie di ricorrere al suicidio assistito dovrà affrontarlo interamente a proprie spese. Farmaci, strumentazioni, assistenza medica e ricovero restano esclusi dalla copertura del Servizio sanitario nazionale. E non si tratta di cifre simboliche. Confrontandoci con alcuni esperti, abbiamo stimato che solo per la strumentazione necessaria, il costo si aggira intorno ai 5mila euro.
Eliminato il Comitato nazionale di valutazione
L’altra novità sostanziale riguarda l’articolo 2, dove sparisce il Comitato nazionale di valutazione, e diventa protagonista il Centro di coordinamento nazionale (già esistente) che sarà l’organo competente a decidere sulle richieste di accesso al suicidio assistito, coinvolgendo i comitati etici territoriali. Una declinazione più locale rispetto alla versione precedente, in cui gli enti territoriali non venivano contemplati. La richiesta di revisione sull’emendamento era arrivata non solo dall’opposizione, ma anche da esponenti della stessa maggioranza.
Il gruppo di esperti che approverà la richiesta
C’è anche un’altra specifica sulle persone chiamate a valutare le richieste di suicidio assistito. Il Centro di coordinamento nazionale sarà infatti “integrato” da un gruppo di esperti composto da «un giurista, scelto tra professori universitari di materie giuridiche o avvocati abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori». Ma anche «un bioeticista, un medico specialista in anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore, un medico specialista in medicina e cure palliative, un medico specialista in psichiatria, un medico specialista in medicina legale, uno psicologo, un infermiere e un farmacologo».
Si allungano i tempi di attesa
Ma si allunga di un mese il tempo per ottenere una risposta sulla richiesta di suicidio assistito: fino a 150 giorni (cioè 5 mesi) rispetto ai 120 giorni indicati nella precedente proposta della maggioranza. L’allungamento è legato al doppio passaggio previsto nella nuova versione del testo, che introduce sia il vaglio territoriale che nazionale. Il comitato etico territoriale, in particolare, dovrà esprimere un parere non vincolante entro 60 giorni dalla richiesta dell’interessato. A quel punto, il Centro di coordinamento nazionale avrà altri 60 giorni per fornire un parere obbligatorio, con la possibilità di prendersi ulteriori 30 giorni in presenza di «motivate e comprovate esigenze».
Rimarcato il diritto alla vita
Nell’articolo 1, invece, la riformulazione sottolinea che «in nessun caso la legge riconosce alla persona il diritto a ottenere aiuto a morire». Una precisazione netta, che si discosta dalla versione precedente, in cui si affermava solo che «il diritto alla vita è diritto fondamentale della persona in quanto presupposto di tutti i diritti riconosciuti dall’ordinamento». La nuova formulazione lascia poco spazio a interpretazioni ed è destinata a trovare il pieno favore dei movimenti pro vita, che nei mesi scorsi avevano spinto per un testo più restrittivo.
Gli appelli di Laura Santi e Martina Oppelli
Nessuna apertura, dunque, alle richieste di Laura Santi e Martina Oppelli, le due donne affette da malattie incurabili che nei mesi scorsi hanno scelto di ricorrere al suicidio assistito – la prima autosomministrandosi un farmaco a casa, la seconda ricorrendo alla procedura in Svizzera – e che avevano chiesto al Parlamento di modificare sensibilmente il testo in elaborazione. «Siate umani. Quello sul fine vita è un disegno di legge veramente infausto. Da esseri umani vi chiedo di bocciarlo», diceva Laura Santi nel videomessaggio pubblicato dopo la sua morte dal marito. Nelle settimane che separavano la seduta di oggi da quella di luglio, c’era chi ipotizzava un possibile ammorbidimento del testo – soprattutto sul punto del Ssn – proprio alla luce di quegli appelli. Ma così non è stato.
L’iter in Parlamento
C’è ancora tempo per eventuali modifiche: le due Commissioni hanno fatto sapere che scadrà il 23 settembre alle ore 12 il termine per presentare eventuali subemendamenti dopo la presentazione dei sette emendamenti depositati oggi da Zanettin e Zullo.
Foto in evidenza di Hiroshi Tsubono su Unsplash