Urbanistica a Milano, il Riesame smonta la tesi dei Pm: «Svilente dire che basta un incarico per parlare di corruzione»


Per le giudici del Tribunale del Riesame di Milano l’inchiesta sull’urbanistica cittadina, che aveva portato lo scorso agosto agli arresti di alcuni professionisti e membri della Commissione Paesaggio del Comune, si fonda su «una svilente semplificazione argomentativa» della Procura e del Gip. Le motivazioni, depositate oggi, martedì 16 settembre, spiegano perché il 12 agosto è stato annullato l’arresto dell’architetto Alessandro Scandurra, finito ai domiciliari per i suoi rapporti professionali con Manfredi Catella, ceo di Coima Sgr. Per le giudici Pendino, Ghezzi e Papagno «non ci sono gravi indizi di colpevolezza per il reato di corruzione»: non basta infatti l’esistenza di un pagamento e il sospetto di conflitto di interessi per configurare un patto corruttivo.
La posizione di Scandurra
Il Riesame sottolinea che non ci sono prove che gli incarichi di progettazione ricevuti dall’architetto fossero legati al suo ruolo nella Commissione Paesaggio e non alla sua attività professionale. «A diverse conclusioni potrebbe giungersi laddove fosse stato dimostrato il patto corruttivo con Catella, ma ciò non è avvenuto» scrivono le giudici. Smentita anche la presunta falsità della fattura da 22mila euro: «non è affatto falsa ma riferita all’attività svolta da Scandurra per Coima, per l’importo esattamente concordato», si legge nelle motivazioni.
Il nodo del conflitto di interessi
Il Tribunale del Riesame entra a gamba tesa anche sull’accusa di falso per la mancata astensione dei professionisti della Commissione. Il Regolamento Edilizio Comunale, fino alla modifica del maggio 2023, obbligava all’astensione solo nei casi in cui il commissario avesse progettato direttamente l’opera esaminata, non quando il progetto riguardava un costruttore cliente. In questo caso le giudici riconoscono la natura lacunosa del regolamento, ma «Il Regolamento Edilizio Comunale non può essere sminuito nella sua portata applicativa». In ultima istanza, al Gip viene rimproverato di aver «omesso di considerare le risultanze probatorie nella loro dimensione dinamica riproponendole acriticamente e connotandole di autoevidenza». La Procura aveva già annunciato ad agosto che avrebbe fatto ricorso in Cassazione contro l’annullamento delle misure cautelari.