Morte di Andrea Prospero, il 19enne accusato di istigazione al suicidio punta ai lavori sociali. La chat, i tentennamenti e gli psicofarmaci letali


Ha scelti di patteggiare ed evitare il processo Emiliano Volpe, 19 anni, accusato di istigazione al suicidio di Andrea Prospero, lo studente abruzzese che studiava a Perugia della sua stessa età. Il ragazzo di Roma, tramite il suo avvocato Alessandro Ricci, ha depositato l’istanza per una pena di due anni e mezzo di lavori socialmente utili. Il processo previsto dal prossimo 8 ottobre rischia quindi di non esserci, mentre il ragazzo si trova dallo scorso marzo agli arresti domiciliari.
La trattativa con la Procura
Secondo l’istanza depositata in tribunale, la condanna sostituisce i cinque anni di reclusione inizialmente richiesti dal pm. Volpe è al momento l’unico dei ragazzi presenti nella chat con Prospero quella tragica notte di gennaio a essere stato identificato dagli investigatori dopo l’analisi di pc e cellulari della vittima. Sarebbe stato proprio Volpe, stando alle indagini, a spingere Andrea a togliersi la vita. Davanti allo studente al primo anno di informatica che tentennava, Volpe lo avrebbe incoraggiato a ingoiare l’intero blister di psicofarmaci che Prospero si era procurato online da un altro studente attivo nella vendita illegale di ossicodone.
La chat in cui si sono conosciuti: la morte in diretta
I due si erano conosciuti in rete circa un anno e mezzo prima. Più volte Andrea aveva chiesto consigli su come togliersi la vita. Quella notte, quando il ragazzo smise di rispondere dopo aver assunto le compresse, Volpe e l’altro ragazzo presente in chat – resisi conto della situazione – presero una decisione che si è rivelata fatale: non chiamare i soccorsi. Il corpo di Andrea venne trovato quattro giorni dopo nel bed and breakfast di Perugia che aveva affittato all’insaputa della famiglia.
L’amarezza della famiglia Prospero
La reazione dei familiari della vittima è stata di profonda indignazione. «Non entriamo nel merito delle valutazioni della Procura. Nessuno restituirà Andrea alla famiglia e nessuno cerca vendette, ma una pena giusta sì. La richiesta dell’imputato non è congrua e non è giusta, perché non svolge alcuna funzione che l’ordinamento giuridico attribuisce alla pena: non ripara il danno sociale, acuisce il dolore delle persone offese e non è nemmeno rieducativa», ha dichiarato l’avvocato Francesco Mangano, legale della famiglia. Le parole del legale sono altrettanto dure: «Emiliano Volpe non ha dimostrato alcun segno di pentimento, non ha mai chiesto scusa, non ha mai collaborato, è persino evaso dai domiciliari. Il minimo della pena, ridotta a 2 anni e 6 mesi, è per la famiglia una conclusione che non rende giustizia».