La storia di Valentina Scuderoni, abusata dall’ex e ignorata dai giudici italiani


L’Italia non ha protetto una donna vittima di violenze domestiche. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha condannato lo Stato per la violazione degli articoli 3 e 8 della Convenzione. Secondo i giudici di Strasburgo, le autorità italiane non hanno adottato misure efficaci e tempestive per garantire la sicurezza della donna e di suo figlio. Ora l’Italia dovrà corrisponderle un risarcimento di 25 mila euro. La protagonista della vicenda è Valentina Scuderoni, avvocata romana di 43 anni, madre di un tredicenne. Dal 2012 al 2017 ha subito maltrattamenti psicologici e fisici dall’ex compagno: insulti, denigrazioni davanti al figlio, controllo coercitivo, telecamere installate in casa senza consenso e aggressioni. Nonostante le denunce, il procedimento penale si è concluso con l’assoluzione dell’uomo.
La vittima: «La decisione di Strasburgo mi restituisce dignità»
«Questa sentenza mi restituisce dignità come donna, madre e professionista», ha dichiarato Scuderoni a Repubblica. «Spero che serva a evitare altre sottovalutazioni e ridimensionamenti delle denunce di violenza». Per la Cedu, il caso mostra gravi inadempienze delle istituzioni italiane: indagini superficiali, mancanza di protocolli adeguati, ritardi nei procedimenti e un approccio che ha interpretato i fatti come semplici conflitti familiari, ignorando la natura violenta delle condotte. Nella sentenza si afferma per la prima volta che anche le violenze psicologiche reiterate costituiscono «trattamenti disumani e degradanti».
Eugenia Roccella: «Dobbiamo rafforzare la formazione dei magistrati»
La ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, ha commentato la decisione sottolineando la necessità di rafforzare la formazione dei magistrati, come previsto dalla nuova legge sul femminicidio in discussione in Parlamento. Per le avvocate Teresa Manente e Ilaria Boiano, che hanno seguito il caso per l’associazione Differenza Donna, si tratta di una sentenza “storica”, che riconosce pienamente la gravità delle violenze psicologiche. «Non le hanno creduto perché non era una donna sottomessa», osserva Manente. «Se è successo a lei, significa che resta un problema serio nella nostra giustizia».
«Dopo la sentenza della Cedu, molti miei colleghi hanno capito»
Scuderoni, dopo anni di terapia, oggi parla con maggiore distacco. Ma ricorda il dolore di fronte all’assoluzione del suo ex compagno: «Ora, leggendo la sentenza della Cedu, molti colleghi mi dicono di aver capito perché mi sono sempre spesa nelle cause di maltrattamenti».