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«Michele è solo, la detenzione lo sta provando»: l’appello della compagna per il professor D’Angelo, in carcere in Albania da due mesi

29 Settembre 2025 - 10:01 Ugo Milano
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La compagna Vanessa Castelli lancia un appello a Giorgia Meloni e alle istituzioni confidando nei buoni rapporti tra Italia e Albania

«Michele è psicologicamente molto provato. È solo, lontano da casa, in un contesto che non conosce, con una lingua che non parla. La detenzione lo sta segnando profondamente, lo sta logorando giorno dopo giorno». Così Vanessa Castelli, comapagna e collega di Michele D’Angelo, descrive la condizione in cui il professore di Biologia dell’università de l’Aquila sta vivendo la detenzione in Albania. D’Aneglo si trova nel carcere di Fier da quasi due mesi, città tra Valona e Tirana, a seguito di un incidente stradale che lo ha visto coinvolto inisieme alla sua compagna e nel quale è deceduto un 16enne.

L’appello a Giorgia Meloni

A Repubblica, Castelli , lancia un appello alle istituzioni italiane affinché si mobilitino per supportare il connazionale detenuto all’estero: «Mi rivolgo nuovamente con fiducia alla Presidente del Consiglio alla quale ho già scritto una lettera e alle istituzioni italiane affinché si attivino con determinazione per garantire che Michele possa affrontare questa situazione con dignità, serenità e giustizia». La docente ricorda i solidi rapporti tra Italia e Albania ed esorta le autorità competenti: «a valutare la possibilità di trasferire il procedimento in Italia, dove Michele potrebbe affrontarlo con maggiore tutela, in un contesto che conosce, circondato dai suoi affetti, dai suoi colleghi, dai suoi studenti».

Le accuse

In carcere dallo scorso 9 ottobre, D’Angelo si è rifugiato nei libri «ma la solitudine è pesante», afferma la compagna. «Cerca di mantenere la lucidità e la dignità, ma è evidente che questa esperienza lo sta mettendo a dura prova» anche perché il professore è detenuto, secondo quanto hanno appreso i familiari, per una violazione del codice stradale, per il quale dovrebbe essere prevista solo una sanzione amministrativa. D’Angelo con la compagna si sono presentati spentamente al commissariato di Valona il mattino seguente all’incidente ed è li che è stato detenuto.

L’incidente

Lo scontro che ha portato alla morte del 16enne è avvenuto la sera dell’8 agosto, quando la coppia si stava recando al matrimonio di un’amica: «La strada era libera, Michele stava svoltando lentamente, con la freccia inserita, sulla linea tratteggiata che indicava l’ingresso al ristorante dove si celebrava il matrimonio. In quel momento, all’improvviso, è apparso un Mercedes Benz bianco a velocità elevatissima, che non sembrava rallentare. Michele ha frenato istintivamente, e questo ha fatto si che l’impatto sia risultato meno catastrofico». Secondo quanto raccontato, Castelli e D’Angelo avrebbero provato a cercare soccorsi ma nessuno si sarebbe fermato e neanche le forze dell’ordine sarebbero arrivate sul posto.

I contatti con la Farnesina

«Michele vive questo dolore con grande rispetto e silenzio. Pensa ogni giorno alla famiglia del ragazzo e prega affinché possano trovare un po’ di pace» dice Castelli. La coppia ha intrattenuto contatti con la Farnesina, il consolato e l’ambasciata albanese, ma sulla vicenda è calato il silenzio: «Non è facile far emergere la complessità di una situazione così delicata, soprattutto quando ci si trova in un paese straniero, con una lingua che non si conosce e con dinamiche che sfuggono. Confido nella diplomazia e nella sensibilità delle istituzioni, affinché si possa garantire un trattamento equo e trasparente e far emergere la verità con chiarezza».

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