Cos’è una stablecoin e perché nove banche si sono messe insieme per farne una in Euro


Non è solo una questione tecnologica e nemmeno finanziaria. La nuova stablecoin in euro, annunciata da nove grandi banche del Vecchio Continente, è innanzitutto una mossa geopolitica. Gli Stati Uniti dominano il settore e hanno visto negli ultimi anni un proliferare di stablecoin, ossia quelle criptovalute emesse da soggetti privati e progettate per mantenere un prezzo stabile. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, aveva suonato l’allarme in tempi non sospetti: «La nuova politica relativa alle criptovalute è ancora più pericolosa [dei dazi – ndr], in particolare quella sulle stablecoin denominate in dollari», avvertiva lo scorso aprile il titolare del Mef.
L’Europa si ritaglia uno spazio nel mercato delle cripto
Secondo la Banca d’Italia, il mercato globale delle stablecoin ha un valore di quasi 300 miliardi di dollari, pari al 7,5% della capitalizzazione complessiva delle cripto, e soprattutto cresce del 75% su base annua. Il problema è che il 98% di quei 300 miliardi è costituito da stablecoin ancorate al dollaro, grazie alla legislazione cripto-friendly dell’amministrazione Trump che punta sulle stablecoin per rafforzare il dominio del dollaro come riserva globale. Ed è proprio in risposta al dominio a stelle e strisce che nove banche europee (Banca Sella, Ing, Kbc, Danske Bank, DekaBank, UniCredit, Seb, CaixaBank e Raiffeisen Bank International) si sono unite per lanciare una stablecoin denominata in euro. L’obiettivo è diventare uno standard di pagamento europeo affidabile all’interno dell’ecosistema digitale, sia per i pagamenti programmabili che per quelli cross-border.
A cosa servirà la nuova stablecoin ancorata all’euro
La stablecoin offrirà pagamenti quasi istantanei a costi contenuti, garantendo accesso 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 a pagamenti transfrontalieri efficienti e programmabili. La prima emissione è prevista per la seconda metà del 2026. Il consorzio formato dai nove istituti di credito ha costituito una nuova società, con sede nei Paesi Bassi, con l’obiettivo di ottenere la licenza come istituto di moneta elettronica, sotto la supervisione della Banca Centrale Olandese. L’iniziativa, si legge in una nota, contribuirà «all’autonomia strategica dell’Europa nei pagamenti», con le singole banche che saranno in grado di fornire servizi a valore aggiunto, come wallet di stablecoin e servizi di custodia.

Lo scetticismo della Bce e il percorso (parallelo) dell’euro digitale
Se l’iniziativa è salutata con entusiasmo dagli istituti coinvolti, lo stesso non si può dire per la Banca centrale europea, che in materia di autonomia strategica e lotta allo strapotere americano nel settore dei pagamenti è al lavoro su una soluzione alternativa: l’euro digitale. «È cruciale mantenere un sano equilibrio fra moneta di banca centrale e moneta creata dal sistema bancario. Questo principio ha ispirato il progetto dell’euro digitale dall’inizio», ha spiegato Piero Cipollone, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europeo.
L’istituzione guidata da Christine Lagarde guarda con discreto scetticismo al settore cripto e vede nell’euro digitale una risposta essenziale a difesa di una moneta pubblica. Le stablecoin, che promettono pagamenti velocizzati e più economici, «possono porre veri rischi per la stabilità finanziaria e l’intermediazione bancaria». Secondo Cipollone, «una fuga dalle stablecoin può innescare una corsa alle liquidazioni, improvvisi deflussi di depositi e volatilità nella liquidità bancaria, amplificando le pressioni sull’approvvigionamento delle banche».
Foto copertina: EPA/Boris Roessler | L’Eurotower, sede della Bce a Francoforte