Lei era stata uccisa il 7 ottobre, lui era sopravvissuto. Dopo due anni Roei Shalev si toglie la vita: «Dentro di me è tutto morto»


«Sono vivo, ma dentro di me è tutto morto». Così scriveva Roei Shalev, 28 anni, uno dei sopravvissuti al massacro del festival Supernova, prima di togliersi la vita. Due anni dopo l’attacco di Hamas, Roei si è suicidato dandosi fuoco nella sua auto, vicino allo svincolo di Odim. Come riporta Greta Privitera sul Corriere della Sera, poco prima aveva lasciato un messaggio sui social: «Non arrabbiatevi con me, vi prego. Nessuno mi capirà mai, perché non potete farlo, e va bene così. Voglio solo che questa sofferenza finisca». Anche sua madre si era tolta la vita una settimana dopo il 7 ottobre.
Roei era sopravvissuto al rave Supernova
Quel sabato, Roei e la sua fidanzata Mapal Adam ballavano insieme al Nova Festival, vicino al confine con Gaza. Quando i miliziani di Hamas hanno fatto irruzione, i due – insieme all’amica Hilly – hanno cercato rifugio sotto un camion, fingendosi morti. Non è servito. I proiettili li hanno raggiunti: Roei è stato colpito alla schiena, Mapal al cuore. Nell’attacco hanno ucciso anche Hilly. Roei, ferito ma non così gravemente, è rimasto accanto ai loro corpi per sette ore, immobile, in attesa dei soccorsi.
«In sette giorni, ho perso le tre donne più importanti al mondo»
Nei mesi successivi, Roei ha provato a raccontare la sua battaglia con il trauma: «Alzo il bastone con il girasole il più in alto possibile, sentendomi come se stessi raggiungendo il cielo. Poi, all’improvviso, penso a Mapal e inizio a piangere a dirotto. E mentre piango più forte, mi sembra che Mapal stia tendendo la mano dal cielo». I due convivevano da una settimana. Lei aveva 25 anni, lui 28. «In sette giorni, ho perso le tre donne più importanti al mondo: mia madre, la mia fidanzata e la mia migliore amica», aveva scritto.
La terapia, i flashback, l’impossibilità di guarire
Roei aveva provato a curarsi, a partecipare a terapie, a raccontare la sua storia pubblicamente. «Flashback e ansia mi consumano e il sonno è diventato un lontano ricordo. Eppure, attraverso la terapia e il supporto incrollabile degli altri, ho trovato la forza di condividere la mia storia», aveva raccontato. Ma evidentemente non è bastato.
«Una famiglia distrutta, come tante dopo il 7 ottobre»
«Ieri abbiamo sentito il padre. È una famiglia distrutta, l’esempio di cosa fa la guerra oltre alle bombe», racconta Shiran Maor, fondatore di SafeHeart, la Ong che assiste i sopravvissuti al 7 ottobre. «Supereranno tutto solo quando questi due Paesi vivranno in pace. Ogni sirena, ogni missile dallo Yemen o dall’Iran rimette in circolo la paura». Un anno fa, due giorni prima dell’anniversario dell’attacco, si era uccisa anche Shirel Golan, un’altra ragazza del Nova Festival. «Non è un caso che i suicidi avvengano vicino a questa data», spiega Maor. In Israele il numero dei suicidi è in crescita. Non ci sono ancora dati ufficiali sui civili, ma tra i soldati rientrati da Gaza se ne contano già 42. Roei aveva provato a vivere nel ricordo di Mapal. Aveva persino chiamato la panetteria di famiglia con il suo nome. Pensava che bastasse.