Giulia Schiff, le frustate e i colleghi assolti: «Non finisce qui, mi sono sentita come stuprata»


Giulia Schiff ha visto i suoi commilitoni assolti nel processo per il «battesimo del volo». Lei è stata espulsa per «Inettitudine militare». Oggi con il Corriere della Sera parla della sentenza: «Sono delusa ma non provata. Dopo aver vissuto la guerra e le tragedie del fronte c’è ben poco che possa ferirmi. Sono invece delusa per una giustizia lenta e povera di risultati e perché speravo di dimostrare che c’è speranza per chi denuncia. Ma mi rifiuto di accettare che sia chiusa qui, anche se mi sento come Davide contro Golia».
L’appello
Schiff chiederà l’appello sperando che le motivazioni arrivino «prima della prescrizione che purtroppo incombe sui reati. Troppi anni, troppo tempo è passato. Sono fatti del 2018!». Secondo Schiff «quel che hanno fatto a me non è normalizzabile ed è frutto di una mentalità malata. Erano frustate e io non avevo dato il consenso. Il paradosso è che durante il processo ho avuto la brutta sensazione di dover essere io a difendermi, più che loro. Un po’ come una donna stuprata costretta a giustificare la minigonna. Questa sentenza getta le basi perché tutti gli aggressori possano non fermarsi anche quando la vittima dice no. Ho visto poi tanta omertà, testimonianze troppo simili tra loro».
Le scarse attitudini militari
Alla sua espulsione per scarse attitudini militari replica «con quattro medaglie conquistate in Ucraina. Eccole: questa per aver lavorato in zone rosse, quella per il coraggio e l’onore, poi per il servizio al popolo ucraino e l’ultima per aver rischiato la vita nel tentativo di non lasciare indietro nessuno quando ci siamo trovati sotto una pioggia di bombe». L’Aeronautica ne fa però una questione comportamentale e disciplinare. «Avrei voluto pilotare i caccia per una questione di cuore, mio padre è pilota. Per me comunque era più importante avere una vita operativa, difendere gli indifesi, al servizio dei più deboli, per la democrazia, per la libertà. E questo in Ucraina l’ho fatto e sono soddisfatta. Ora la precedenza ce l’ha comunque mio figlio e gli eventuali fratellini».
La solidarietà
Dice che nessuno degli ex colleghi le è rimasto vicino. Però ha ricevuto messaggi di solidarietà. Anche da Gino Cecchettino. Adesso «c’è Nathan Loris nella mia vita, scrivi entrambi i nomi per favore che i parenti italiani ci tengono. Amo profondamente questo bimbo, bello buono e discolo, e amo mio marito Victor, un soldato ucraino, un uomo speciale che mi difenderebbe con la vita. Altro che l’ufficiale dell’Accademia con cui stavo. Quello l’ho lasciato il giorno in cui ha fatto l’omertoso in Procura militare sulla mia vicenda: la testimonianza più breve della storia. E diceva di volermi sposare entro tre anni. Ah, nei ritagli di tempo faccio l’università».
In Israele
A breve lascerà l’Italia: «Andrò in Israele, Victor lavora lì adesso e mi aspetta. Lo raggiungerò a breve, abitiamo a 15 chilometri da Gaza».