La telefonata della ministra Roccella alla senatrice Segre dopo la frase sulle «gite» ad Auschwitz


La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella e la senatrice a vita Liliana Segre ieri nel pomeriggio si sono sentite telefonicamente. È stata la ministra a chiamare la senatrice a vita, dopo la sua frase sulle «gite» ad Auschwitz, che ha scatenato polemiche e perplessità anche da parte di Segre stessa. Roccella inoltre si è detta disponibile a chiarire in Commissione antisemitismo in Senato, dove dovrebbe intervenire nei prossimi gironi.
Le «gite» ad Auschwitz
Durante il suo intervento al convegno «La storia stravolta e il futuro da costruire», organizzato dall’Unione delle comunità ebraiche nella sede del Cnel a Roma, la ministra aveva dichiarato: «Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz, cosa sono state? Sono state davvero gite? A che cosa sono servite? Secondo me sono state incoraggiate e valorizzate perché servivano effettivamente all’inverso. Servivano a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, e collocato in una precisa area: il fascismo. Le gite ad Auschwitz secondo me sono state un modo per ribadire che l’antisemitismo era una questione fascista e basta. E quindi che il problema era essere antifascisti, non essere antisemiti, non controllare fino in fondo quello che è avvenuto nel nostro passato, non fare i conti fino in fondo con quello che è avvenuto».
La replica di Segre
«Stento a credere che una ministra della Repubblica, dopo avere definito “gite” i viaggi di istruzione ad Auschwitz, possa avere detto che sono stati incoraggiati per incentivare l’antifascismo», aveva replicato sulla vicenda la senatrice a vita. «Quale sarebbe la colpa? Durante la seconda guerra mondiale, in tutta l’Europa occupata dalle potenze dell’Asse, i nazisti, con la collaborazione zelante dei fascisti locali – compresi quelli italiani della RSI – realizzarono una colossale industria della morte per cancellare dalla faccia della terra ebrei, rom e sinti e altre minoranze», ha aggiunto. Segre ha poi concluso: «La formazione dei nostri figli e nipoti deve partire dalla conoscenza della storia. La memoria della verità storica fa male solo a chi conserva scheletri negli armadi».