Marina Berlusconi: «Se nell’era del “Muoviti veloce e rompi tutto” riscopriamo la forza lenta dei libri?»


«Caro direttore c’è un rumore di fondo che attraversa il nostro tempo: guerre, radicalismi, intolleranze, manipolazione digitale… Dentro quel rumore la libertà e la democrazia sembrano spesso voci isolate, ma sono le uniche che vale la pena continuare ad ascoltare. E sono voci che chi come noi fa informazione e cultura deve sostenere, proteggere, amplificare». Con una lettera al Corriere della Sera, la presidente di Fininvest e di Mondadori, Marina Berlusconi suggerisce una soluzione alla frenesia dei social: i libri.
La concorrenza sleale delle big tech: un potere «che rifiuta le regole»
Ricordando il sociologo francese Jacques Ellul, Marina Berlusconi ricorda come «oggi le prime cinque BigTech assieme – Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet, Amazon – sono arrivate a superare il Pil dell’area euro. Ma attenzione: ridurre tutto ai valori economici non basta, il potere dei giganti della tecnologia va ben oltre. È un potere che rifiuta le regole, cioè la base di qualsiasi società davvero funzionante. Noi editori tradizionali paghiamo le tasse, rispettiamo le leggi, tuteliamo il diritto d’autore e i posti di lavoro – basti pensare che in Italia le piattaforme occupano appena un trentesimo dei lavoratori del settore». «Quasi due terzi del mercato pubblicitario globale vengono inghiottiti dai colossi della Silicon Valley, che fanno esattamente il contrario: per dirla con il titolo del saggio firmato dalla ex-Meta Sarah Wynn-Williams, sono Careless People, ‘gente che se ne frega’. È concorrenza sleale bella e buona. Ben venga, dunque, il Digital Package varato dall’UE tra il 2016 e il 2024 a tutela degli utenti delle piattaforme. Per Donald Trump va smantellato, perché è un ostacolo: in teoria al progresso, più realisticamente al profitto, che, sia ben chiaro, è fondamentale: da imprenditore non sarò certo io a negarlo», spiega l’imprenditrice.
«Non è un problema degli editori, riguarda tutti»
La presidente Marina Berlusconi è convinta «che un mercato sia veramente libero solo quando risponde a regole. Non troppe e soprattutto giuste – in questo l’Europa spesso inciampa. Mi auguro davvero che sul digitale la Commissione non indietreggi, anche – e forse soprattutto – alla luce della enorme capacità di influenza culturale nelle mani di BigTech. Non è più solo un problema degli editori, riguarda tutti». Perché «a differenza dei media tradizionali, le piattaforme prosperano in un far-west dove nessuno risponde di quello che ha scritto, l’importante sono i clic. E così si solleva la marea delle fake news, del linguaggio d’odio, del rifiuto delle opinioni diverse. In sintesi, il brodo culturale della polarizzazione e della radicalizzazione, in cui affoga purtroppo anche la politica».
«Colossi che sono attori politici»
«Questi colossi – spiega – non sono più solo aziende private, sono attori politici. Con una differenza sostanziale rispetto a chi fa politica di mestiere: i padroni della Silicon Valley restano sempre al loro posto. Grazie a una buona dose di ipocrisia, sono passati dal wokismo al trumpismo con la disinvoltura di un cambio di felpa. Del resto, nell’era della polarizzazione si sbanda da un eccesso all’altro. Ma intanto libertà e democrazia rischiano di finire stritolate nella morsa degli opposti, che distrugge il dialogo e alimenta l’intolleranza». Berlusconi conclude: «Mi viene in mente Fahrenheit 451: nel 1953 Ray Bradbury immaginava un futuro dove un regime totalitario brucia i libri perché sono i migliori custodi della memoria, fanno ragionare la gente e quindi creano dissenso. Fortunatamente il presente è ben diverso – per lo meno nel nostro Paese – eppure, anche nel regime digitale, c’è sempre bisogno del racconto di un buon libro: ci rende più critici e consapevoli, meno vulnerabili alla manipolazione. La responsabilità principale di chi fa il mio mestiere, in fondo, sta tutta qui».