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Garlasco, Andrea Sempio e i soldi agli avvocati per le carte: cosa c’è nell’indagine per corruzione

29 Ottobre 2025 - 05:28 Alessandro D’Amato
garlasco andrea sempio chiara poggi luciano garofalo indagine corruzione soldi carte
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L'interrogatorio di Daniela Ferrari. L'informativa dei carabinieri. Le strane amnesie di Silvio Sapone. E quelle di Spoto. Il ruolo di Garofano che scarica gli avvocati dei Sempio

«Intorno al 27 o 28 dicembre 2016, ha chiesto telefonicamente a mio marito subito una cifra in contanti di 2.000 euro». A parlare è Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio, durante un interrogatorio. La sua frase è finita in un’informativa della Squadra omicidi dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano. Mentre gli atti del tribunale del Riesame sul caso Garlasco dicono che alla famiglia dell’uomo accusato in concorso dell’omicidio di Chiara Poggi viene contestato il possesso di materiali riservati. Ma la famiglia ha fatto mettere a verbale che quei soldi li hanno dati al legale Federico Soldani e al collega Simone Grassi.

L’avvocato di Sempio e l’indagine di Garlasco

La storia la racconta oggi La Verità. I carabinieri riportano un’intervista di Grassi al Tg1 in cui l’avvocato diceva che lui e Soldani erano «stati effettivamente ripagati con l’esposizione mediatica che questa vicenda ha portato». Sottintendendo quindi che nessuno dei due aveva ricevuto compensi. Ferrari a verbale racconta un’altra verità: «Ci dicevano (gli avvocati, ndr) che (i soldi, ndr) servivano per avere le carte». Quali carte? Gli atti riservati dell’indagine del 2017 su Sempio che la famiglia non avrebbe dovuto ancora avere in quella fase. «Il denominatore comune in questa vicenda», scrivono i carabinieri, è proprio Soldani. «Il quale intrattiene secondo Andrea Sempio (sul punto esiste evidentemente qualche intercettazione non ancora divulgata, ndr), i rapporti con Sapone e si fa consegnare il contante per prendere le carte».

La famiglia Sempio, gli avvocati e Silvio Sapone

Sapone è Silvio Sapone, ex comandante dei carabinieri presso la procura di Pavia. È stato perquisito nell’inchiesta per corruzione che vede indagato l’ex procuratore Mario Venditti. A lui spettava di trascrivere le intercettazioni tra Andrea e il padre Giuseppe. E proprio lui, secondo l’accusa, ha evitato di farlo quando sembrava che i due parlassero delle carte avute di straforo. E dei pagamenti in nero. «Io non ho mai parlato con Sempio. Non conosco nessuno della famiglia Sempio», ha fatto mettere a verbale l’ex carabiniere. Per i suoi colleghi «le dichiarazioni del luogotenente vengono smentite dai dati oggettivi che emergono dalle copie forensi eseguite a seguito delle perquisizioni del 14 maggio 2025 e dalle indagini del 2017».

Il cellulare e l’utenza “Sapone”

Nel telefono di Sempio c’era infatti un’utenza telefonica con il nome Sapone. Dall’analisi dei tabulati emerge «che in data 21 gennaio 2017 dalle ore 10:33 alle ore 12:46 l’utenza di Sapone prova a contattare per quattro volte l’utenza di Sempio». Chiamate che secondo i carabinieri «non solo dimostrano che il contatto tra Sapone e Sempio c’era stato, ma che Sapone nel corso della sua escussione testimoniale l’ha oggettivamente taciuto, negando ogni contatto con la famiglia Sempio o con i legali». E c’è un’altra stranezza. Quelle chiamate non risultano nell’annotazione del 30 gennaio 2017 firmata dal maresciallo Giuseppe Spoto. Che aveva il compito di esaminare i tabulati.

I documenti

Nelle perquisizioni i carabinieri scoprono anche che «nella disponibilità della famiglia» c’erano documenti alla base dell’esposto presentato da Elisabetta Ligabò (la mamma di Alberto Stasi). Che i Sempio avrebbero ottenuto a loro volta «senza nessuna apparente e legittima forma». Il generale Luciano Garofano, all’epoca consulente della famiglia Sempio, riceve la consulenza Linarello-Fabbri che i Sempio «non potevano avere prima dell’8 febbraio 2017». Durante il suo interrogatorio l’ex comandante del Ris di Parma spiega che all’epoca era stato contattato dai legali di Sempio (Lovati, Soldani e Grassi). Le sue parole finiscono nell’informativa destinata alla pm di Brescia Claudia Moregola, che indaga sull’ipotesi di corruzione in atti giudiziari.

Il verbale di Garofano

Garofano riferisce di «avere avuto esclusivi contatti con l’avvocato Soldani e che fu lo stesso legale, in data 11 gennaio 2017 a inviargli via mail una prima parte della documentazione necessaria». Questa «consisteva in alcune elaborazioni sul materiale estratto dai margini ungueali di Chiara Poggi) confluite nella relazione peritale che il professor Francesco De Stefano fece nell’ambito del processo di “Appello bis” ad Alberto Stasi». Poi via mail da Soldani gli arriva l’esposto degli avvocati Fabio Giarda e Giada Bocellari, difensori di Alberto Stasi. «Corredato dalle consulenze di parte dei dottori Matteo Fabbri e Pasquale Linarello nonché dalla relazione della società Skp Investigazioni».

Il prelievo del Dna di Andrea Sempio

Garofano effettua anche un prelievo salivare a Sempio. «Il 27 gennaio ricevevo la mail dell’avvocato Soldani che, ringraziandomi della consulenza fatta, mi chiedeva di poter comparare il profilo genetico del tampone da me fatto ad Andrea Sempio con il profilo estrapolato dal materiale acquisito dalla società investigativa, spiegandomi che avevano dubbi sulla genuinità». Invece la comparazione rivela l’esatta corrispondenza dell’Y. E quel confronto non viene inserito nel suo lavoro.

Il bonifico

Il 2 aprile 2017, ad archiviazione ottenuta, Garofano manda ad Andrea Sempio la fattura. Due giorni dopo il giovane salda con bonifico. Il generale fa mettere a verbale anche questo: «Vorrei precisare che in questi giorni, a seguito della gogna mediatica, mi sono domandato se la documentazione che avevo avuto modo di ottenere dagli avvocati fosse detenuta legalmente e non si trattasse, invece, di documentazione coperta da segreto. Questa mia domanda l’ho formulata via mail all’avvocato Soldani e l’ho reiterata anche con messaggio Whatsapp. Ovviamente l’avvocato, a oggi, non mi ha risposto».

Garofano e Lovati

Poi su Lovati aggiunge: «Nell’ambito dell’attuale nomina, dalla quale poi mi sono dimesso, l’avvocato Lovati mi chiese se fosse il caso di depositare la mia consulenza del 2017. Io, che ero convinto che ciò fosse avvenuto già otto anni fa, chiesi come mai non fosse stata depositata, ma lui mi disse che non aveva ritenuto utile consegnarla». E ancora: «Lovati mi ha chiesto di depositarla ora, ma io mi sono opposto, perché quella consulenza era da aggiornare anche a fronte delle nuove ricerche che erano state realizzate da Ugo Ricci e dal professor Carlo Previderè».

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