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In Italia ci sono 13 persone indagate per aver aiutato chi ha ricorso al suicidio assistito. Ma non vogliono l’archiviazione

02 Novembre 2025 - 21:27 Anna Clarissa Mendi
Hanno accompagnato i malati in una clinica svizzera e poi si sono autodenunciati. Dopo anni le indagini su quell'azione di disobbedienza civile sono ancora in corso

Sono passati due anni da quando Sibilla Barbieri, attrice e regista malata terminale di cancro, è stata costretta a recarsi in Svizzera per ricorrere all’aiuto medico alla morte volontaria, dopo che la sua Asl le aveva negato il suicidio assistito in Italia. La Commissione aveva motivato il diniego sostenendo che non vi fosse un «trattamento di sostegno vitale» e che «le condizioni attuali non fossero coerenti con sofferenze fisiche intollerabili», due dei criteri stabiliti da una sentenza della Corte costituzionale per poter accedere alla procedura.

Il figlio, Vittorio Parpaglioni, e Marco Perduca, insieme a Marco Cappato, si erano autodenunciati per averla accompagnata in Svizzera e sono tuttora coinvolti in un procedimento penale per il reato di aiuto al suicidio, che prevede fino a 12 anni di reclusione. Ma dopo due anni le indagini su quell’azione di disobbedienza civile sono ancora in corso, così come lo sono quelle di altri 5 procedimenti che coinvolgono 13 persone.

Pochi giorni fa, sulle pagine de La Stampa e sul sito dell’associazione Luca Coscioni, chi ha accompagnato i propri cari a morire nel Paese elvetico ha fatto una richiesta chiara e, forse sopratutto, urgente alle istituzioni: un processo pubblico. «Mia madre prima di morire si è rivolta alle istituzioni che però l’hanno ignorata. Non ignorate noi», dichiara Parpaglioni. 

Gli altri procedimenti aperti 

Oltre al caso di Barbieri a Roma, i procedimenti aperti coinvolgono Cinzia Fornero per l’aiuto fornito alla professoressa universitaria e traduttrice letteraria Margherita Botto, affetta da adenocarcinoma al terzo stadio, morta in Svizzera a novembre 2023. Anche Fornero si è autodenunciata, riconoscendo pubblicamente la responsabilità del suo atto di disobbedienza civile: «Perché contesto che il mio Paese neghi le libertà fondamentali, lo reputo incivile. Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. Reputo l’immobilismo della procura funzionale a uno Stato che non vuole legiferare in maniera seria sul fine vita», spiega in un video. Pure il fratello di Margherita, Paolo Botto, è in balia della giustizia. 

Stessa situazione di stagnazione per Matteo D’Angelo, che ad oggi non sa ancora «se è indagato» e «per quale reato». Sulla sua vita professionale e familiare «pende una spada di Damocle perché da un momento all’altro potrebbe arrivare un avviso di garanzia e non si vive bene così. Quindi – prosegue – voglio un processo pubblico a porte aperte». D’Angelo, volontario di Soccorso Civile, ha accompagnato in Svizzera la signora Ines, lombarda di 51 anni, affetta da sclerosi multipla, morta il 30 luglio 2024 e Martina Oppelli, 50enne triestina, affetta dalla stessa malattia, morta il 31 luglio 2025.

I processi fantasma

Anche il procedimento che coinvolge Elena Altamira, malata oncologica e morta in Svizzera ad agosto 2022, è ancora aperto. A seguito della decisione della Corte costituzionale, si legge sul sito dell’Associazione Coscioni, dopo tre anni il procedimento risulta ancora pendente dinanzi al tribunale di Milano.

Nello specifico il giudice per le indagini preliminari (gip) dovrà decidere sulla richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, anche alla luce della sentenza della Consulta. Sua figlia, Cinzia Crivellari, non ha potuto accompagnarla: «Sarei stata incriminata e quindi il nostro ultimo saluto è avvenuto il giorno in cui è partita, al telefono, tra le lacrime. Io penso che questo sia molto crudele», afferma. Altamira è stata accompagnata in Svizzera da Marco Cappato. 

Altri due fascicoli riguardano casi simili: il primo è legato a Massimiliano, toscano affetto da sclerosi multipla, deceduto in Svizzera l’8 dicembre 2022. Sul caso è stato sollevato un incidente di costituzionalità che ha portato all’intervento della Consulta. Il gip ha disposto l’imputazione coatta per Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, e il 4 giugno 2025 il gup ha trasferito gli atti alla Procura di Como. Il secondo fascicolo riguarda Paola, bolognese, morta sempre nel Paese elvetico l’8 febbraio 2023, ma la competenza è della procura di Bologna.

La legge sul fine vita che non c’è

Anche per Fabrizio (nome di fantasia), 79enne ligure, affetto da patologia neurodegenerativa, deceduto il 24 settembre 2025, con l’aiuto di Cinzia Fornero e Roberta Pelletta e Marco Cappato, non è ancora stata emessa alcuna sentenza. «Forse perché il Parlamento sta finalmente discutendo una legge sul fine vita?», si chiede Cappato. L’11 settembre scorso il Senato è tornato a parlare del disegno di legge sul fine vita, fermo da mesi in Commissione.

Alla prima seduta congiunta di Giustizia e Affari sociali dopo la pausa estiva, i due relatori – i senatori Pierantonio Zanettin (FI) e Ignazio Zullo (FdI) – hanno presentato sette nuovi emendamenti, tra cui una stretta sul servizio sanitario nazionale (Ssn): chi sceglie di ricorrere al suicidio assistito dovrà sostenere personalmente tutte le spese, poiché farmaci, strumentazioni, assistenza medica e ricovero restano esclusi dalla copertura del Ssn. «Un testo di legge – afferma Cappato – che cancella i pochi diritti ottenuti in vent’anni di disobbedienza».

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