L’Ue prepara l’allargamento, Montenegro e Albania (quasi) pronti all’adesione. La strigliata a Zelensky: «Corruzione, niente passi indietro»

Potrebbe essere il Montenegro il prossimo Paese ad entrare nell’Unione europea. È quanto emerge dal rapporto annuale sull’allargamento dell’Ue presentato oggi dalla Commissione europea. Che indica come «primi della classe» nell’avanzamento sulla strada delle riforme necessarie il Montenegro, appunto, e l’Albania. Se continueranno a rispettare la tabella di marcia prevista, i due Stati potrebbero concludere i negoziati di adesione rispettivamente entro la fine del 2026 e del 2027. Più nello specifico, il governo montenegrino ha dimostrato «un chiaro impegno politico» accelerando «notevolmente i preparativi per l’ingresso nell’ultimo anno», si legge nel rapporto. La Commissione plaude anche allo «slancio senza precedenti» dell’Albania di Edi Rama. Un risultato «eccezionale» – annota Bruxelles -, che è un «chiaro riconoscimento del fermo impegno politico e delle chiare aspirazioni europee della sua società». Prioritario per entrambi i Paesi resta il rafforzamento dello stato di diritto. A Podgorica si chiedono progressi su libertà di stampa, lotta alla corruzione e criminalità organizzata, mentre Tirana deve compiere ulteriori sforzi nelle indagini sui trafficanti di esseri umani e contrasto ai gruppi criminali.
«L’allargamento è una priorità politica per questa Commissione, ma anche un investimento geopolitico. È una necessità se vogliamo essere un attore importante su scala globale. Ma non vogliamo al contempo fare sconti, non offriamo nessuna scorciatoia. Aderire all’Unione deve essere un processo equo, complesso, ma anche basato sul merito», ha detto l’Alta rappresentante Kaja Kallas in conferenza stampa. Nel complesso, il 2025 si è rivelato un anno di significativi progressi nel processo di allargamento dell’Ue. Oltre a Montenegro e Albania, anche Ucraina e Moldavia si sono distinte, registrando nell’ultimo anno i più importanti avanzamenti sul fronte delle riforme.
Le spine per l’Ucraina

Anche per quanto riguarda l’Ucraina, che punta a concludere i negoziati di adesione entro il 2028, come pure la Moldavia, la Commissione sottolinea i progressi compiuti «nonostante le difficilissime condizioni generate dalla guerra di aggressione russa». Per l’esecutivo Ue, Kiev ha infatti mostrano «un notevole impegno nel percorso d’ingresso». Ma le ombre non mancano. «Le recenti tendenze negative, tra cui la crescente pressione sulle agenzie specializzate nella lotta alla corruzione e sulla società civile, devono essere decisamente invertite», segnala la Commissione. Il prossimo anno sarà un momento di verità per tutti i Paesi candidati, «ma soprattutto per quelli che hanno presentato piani ambiziosi per completare i negoziati», ha dichiarato la commissaria europea Marta Kos.
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In particolare, l’esecutivo Ue promuove la roadmap per lo stato di diritto, la riforma della pubblica amministrazione, la posizione negoziale di Kiev per il cluster dei fondamentali e il piano per le minoranze nazionali, necessario per superare il veto dell’Ungheria di Viktor Orbán. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lanciato un appello al leader ungherese, auspicando che almeno non ostacoli la richiesta di Kiev: «Saremmo veramente contenti se il primo ministro ungherese ci sostenesse o, per lo meno, non ci bloccasse», ha dichiarato Zelensky durante un evento organizzato da Euronews a Bruxelles.
La bocciatura di Serbia e Macedonia del Nord

Meno brillanti le valutazione per gli altri Paesi balcanici in lizza per l’adesione. La Macedonia del Nord inciampa dopo l’arrivo di un governo nazionalista. Nonostante il cambio di nome nel 2019 per chiudere la disputa con la Grecia, il Paese resta frenato dalle tensioni con la Bulgaria che aveva chiesto l’inserimento della minoranza bulgara in Costituzione come condizione per il via libera dell’adesione dello Stato balcanico. Serbia e Bosnia-Erzegovina restano invece gli eterni ripetenti, intrappolate nelle rispettive crisi politiche. Bruxelles lamenta un «notevole rallentamento» nell’attuazione delle riforme da parte di Belgrado, dove il presidente Aleksandar Vučić dovrà decidere se rimanere vicino al gruppo dei 27 o farsi “adottare” da Mosca, mentre le proteste contro la corruzione continuano a rumoreggiare nelle strade.
Palazzo Berlaymont punta il dito contro la «retorica divisiva che ha portato a una grave erosione della fiducia» e chiede che cessino «le frequenti narrazioni anti-Ue utilizzate anche dai politici e riprese dai media». Quanto alla Bosnia-Erzegovina, la Commissione sottolinea come la crisi politica nella Republika Srpska (Rs, entità a maggioranza serba) abbia «minato i progressi verso l’ingresso nell’Ue». Mentre il Kosovo, candidato potenziale, registra una «decelerazione complessiva nel ritmo delle riforme» dovuta allo stallo politico seguito alle elezioni del febbraio scorso.
Non classificate Georgia e Turchia
Dalle “pagelle” della Commissione europea emerge poi la sonora bocciatura della Georgia: il governo filorusso di Sogno Georgiano ha spento le speranze europee con repressioni e derive autoritarie. Pur ribadendo la «ferma solidarietà al popolo georgiano» e «la disponibilità a continuare a sostenere i georgiani nel loro cammino verso un futuro europeo», la relazione denuncia il «grave arretramento nei fondamentali a tutti i livelli». E poi c’è la Turchia, lo “studente” che non si presenta nemmeno all’esame. La sua candidatura resta congelata dal 2018, complice un palese arretramento su stato di diritto e diritti umani. «I fatti che hanno portato a congelare il processo di integrazione rimangono invariati – scrive la Commissione – soprattutto alla luce dell’ulteriore regresso registrato nei settori dei diritti fondamentali e dello stato di diritto». Tuttavia, nella relazione si sottolinea anche come le sfide geopolitiche richiedano «un partenariato più forte» con Ankara. Insomma, la classe dell’allargamento resta vivace, ma il traguardo europeo è ancora lontano per molti.
Foto copertina: EPA/OLIVIER MATTHYS | La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e l’Alta rappresentante Ue per la politica estera Kaja Kallas a Bruxelles, 04 novembre 2025
