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Green Deal, c’è l’accordo sul nuovo target Ue per il clima: emissioni giù del 90% entro il 2040. L’Italia la spunta sui crediti di carbonio

05 Novembre 2025 - 08:32 Gianluca Brambilla
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Nelle scorse ore, il ministro Pichetto Fratin ha guidato il fronte dei contrari. Fondamentale l'inserimento di una clausola di revisione biennale per convincere i governi più scettici

Dopo oltre 24 ore di negoziati, i ministri dell’Ambiente Ue hanno raggiunto un accordo a maggioranza qualificata sul target climatico per il 2040. Nella mattinata di martedì, i ventisette ministri dell’Ambiente Ue si sono riuniti nella capitale belga per discutere e approvare il nuovo target di riduzione delle emissioni. Mettere tutti d’accordo sembrava una missione impossibile. E infatti le trattative si sono prolungate ben oltre il previsto, al punto che la presidenza danese, intorno alle 2 di notte, ha sospeso i lavori e fissato la ripresa dei negoziati per il giorno seguente. Nella mattinata di mercoledì, l’intesa è arrivata, grazie a un testo di compromesso che ha convinto alcuni Paesi della minoranza di blocco — guidati dall’Italia — a votare a favore.

Il target per il 2040

Sulla carta, il target per il 2040 è solo un altro numero da aggiungere alla lunga lista di obiettivi climatici, ma quello su cui si discute da ieri a Bruxelles pesa come un macigno, perché definisce la posizione dell’Unione europea in vista della Cop30, che si aprirà la prossima settimana in Brasile, e dà un indizio definitivo sulla volontà o meno di tenere la barra dritta sulle politiche del Green Deal. Sul numero in sé, in realtà, non ci sono mai stati grossi dubbi: taglio del 90% delle emissioni di gas serra entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. Ciò su cui i diversi leader europei si sono divisi, piuttosto, è il modo in cui arrivarci e quanta flessibilità concedere durante il percorso.

La proposta della Commissione e il compromesso dei governi Ue

Il compromesso su cui i ministri Ue dell’Ambiente hanno raggiunto l’intesa rappresenta una versione più annacquata rispetto alla proposta presentata lo scorso febbraio dalla Commissione europea. Il testo prevede infatti una clausola di revisione biennale, chiesta dai capi di Stato e di governo, e un «freno di emergenza» voluto dalla Francia, che consente di rivedere gli obiettivi in caso di crisi economica o energetica.

E proprio questi dettagli sono stati criticati da Wopke Hoekstra, commissario europeo al Clima, intervenuto al vertice di Bruxelles con i ministri dell’Ambiente: «Crediamo che menzionare esplicitamente una revisione dell’obiettivo 2040 all’interno della clausola di revisione invierebbe un segnale sbagliato, perché l’incertezza riguardo all’obiettivo e all’architettura sottostante potrebbe spingere gli investitori nella direzione sbagliata».

ANSA/Angelo Carconi | Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin

Il pomo della discordia: i crediti di carbonio

Alla base dei disaccordi al Consiglio Ue, però, c’era soprattutto la questione relative ai crediti internazionali di carbonio. In sostanza, si tratta di “permessi” per emettere CO₂ nell’atmosfera e compensare quelle emissioni con progetti di riforestazione o tutela delle foreste, investimenti in energie rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo o in tecnologie per la cattura della CO₂. Il principio di base è il seguente: se non posso ridurre tutte le mie emissioni in casa, posso compensarle investendo in riduzioni altrove. Ma questa soluzione non mette tutti d’accordo, anzi. Alcuni Paesi più ambiziosi, come Germania e Spagna, temono che affidarsi troppo a questi strumenti rallenti la transizione reale dell’industria europea.

Altri – come Italia, Francia e Polonia – li considerano una valvola di flessibilità necessaria, in particolare per i settori più difficili da decarbonizzare, come acciaio, cemento e trasporti pesanti. La proposta della Commissione Ue prevede che i certificati internazionali di carbonio possano contribuire fino a un massimo del 3% nel taglio delle emissioni previsto entro il 2040. Germania e Spagna ero d’accordo con quella percentuale, mentre Italia e Francia chiedevano di alzarlo al 5%. Alla fine è stato proprio Pichetto Fratin a spuntarla, visto che il testo finale dell’intesa prevede la possibilità di contabilizzare nel bilancio delle emissioni fino al 5% di crediti internazionali di carbonio. Un ulteriore 5% di crediti esteri potrà essere acquistato dai Paesi Ue per coprire gli sforzi nazionali

La minoranza di blocco a guida italiana

A tenere in ostaggio il nuovo obiettivo climatico per il 2040 ci aveva pensato nelle scorse ore un blocco di minoranza, composto da una decina di Paesi Ue. A guidare questo fronte, stando a quanto si apprende da fonti diplomatiche, sarebbe stato proprio il governo italiano — rappresentato dal ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin — che si è fatto portavoce dei malumori nei confronti del Green Deal. I dieci Paesi in questione hanno costituito di fatto una minoranza di blocco durante i negoziati, andati avanti per oltre 15 ore, che ha portato alla sospensione dei lavori del Consiglio e all’avvio di nuovi negoziati con la Commissione e la presidenza danese dell’Ue. Alla fine, il testo è passato con il voto contrario di Slovacchia, Ungheria e Polonia, mentre Belgio e Bulgaria si sarebbero astenuti.

L’Italia la spunta su crediti di carbonio

«Pur riconoscendo che sono stati compiuti passi in avanti significativi, dobbiamo constatare che, al momento, non siamo ancora arrivati al punto di equilibrio necessario. Con uno spirito fortemente costruttivo, siamo pronti a collaborare per individuare una soluzione condivisa», diceva ieri Pichetto Fratin intervenendo al Consiglio Ue. Per il governo italiano, era essenziale che «un obiettivo così ambizioso» sia accompagnato «da opportune condizioni abilitanti e flessibilità». Facendo eco al principio di neutralità tecnologica evocato dai leader Ue, Pichetto Fratin era anche tornato a chiedere di includere nel testo di compromesso «un riferimento ai biofuel sostenibili per il settore del trasporto su strada».

Alla fine, pur di approvare il testo, la presidenza danese ha aperto alle condizioni dell’Italia, in particolare sui crediti di carbonio. «Si è raggiunto un buon accordo, si tratta di un buon compromesso», ha dichiarato soddisfatto Pichetto Fratin al termine del Consiglio Ue. Il compromesso, ha sottlineato il ministro, «ha riconosciuto che le istanze che portavamo avanti come Italia insieme ad altri Paesi erano rilevanti, importanti ed equilibrate», ha sottolineato il ministro, menzionando «il rinvio di un anno dell’attuazione dell’Ets, il riconoscimento dei biocarburanti e l’aumento al 5% dei crediti di carbonio internazionali da contabilizzare nel target».

Tutto pronto per la Cop30 in Brasile

La speranza dei vertici Ue era che il Consiglio riuscisse a raggiungere un’intesa prima dell’inizio della Cop30, l’annuale conferenza annuale sui cambiamenti climatici organizzata dalle Nazioni Unite e che quest’anno si svolgerà a Belém, in Brasile. I lavori inizieranno il prossimo 10 novembre in un’atmosfera resa più cupa del solito a causa dell’influenza indiretta di Donald Trump, che ha sfilato di fatto gli Stati Uniti dalla lotta al riscaldamento globale, e più in generale dalla progressiva perdita di rilevanza dei temi ambientali e climatici nel dibattito pubblico occidentale.

Foto copertina: Pixabay/Ralf Vetterle

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