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I consigli dell’economista radicale Jeffrey Sachs all’Ue: «Deve mollare Trump, non il Green Deal. Calenda? Sull’Ucraina è lui disinformato» – L’intervista

04 Novembre 2025 - 12:28 Gianluca Brambilla
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Il professore della Columbia a Open: «L'Europa non indietreggi sul clima, rafforzi se mai i rapporti con la Cina»

Che si parli di politiche per il clima o di conflitti internazionali, è difficile che le opinioni di Jeffrey Sachs passino inosservate. La radicalità delle idee del direttore del Centro per lo Sviluppo Sostenibile della Columbia University lo ha consacrato tra gli economisti più rinomati ma anche controversi al mondo. Di recente il pubblico italiano (e non solo) ha avuto modo di saggiarlo in occasione dello scontro televisivo a Piazzapulita con Carlo Calenda sulla guerra in Ucraina. Ma al di là delle frequenti incursioni sulla geopolitica, Sachs — che nelle scorse settimane ha partecipato a un evento alle Acciaierie di Terni organizzato da Nemetria — è uno degli economisti che da più tempo lavora sui temi della sostenibilità. Nel giorno in cui i governi europei sono chiamati a decidere se e come ritarare gli obiettivi di lotta al cambiamento climatico, come vede il prof americano il bivio strategico che ha di fronte l’Ue?

L’elezione di Donald Trump ha sfilato di fatto gli Stati Uniti dalla lotta ai cambiamenti climatici. Altri Paesi lo seguiranno?

«Trump è un pazzo. Sta riducendo drasticamente la competitività degli Stati Uniti nella futura economia verde globale del XXI secolo. Nessun’altra grande economia seguirà il suo esempio. Il cambiamento climatico è reale, ma Trump è un portavoce degli interessi delle grandi compagnie petrolifere statunitensi che finanziano Washington».

L’Europa continua a rimettere mano al Green Deal, ma ha confermato il suo impegno a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Lo raggiungerà?

«Se l’Europa seguisse l’esempio di Trump, i suoi leader si dimostrerebbero ancora più incompetenti di quanto si possa immaginare. L’Europa dovrebbe prendere Trump per quello che è: una voce della lobby dell’industria petrolifera statunitense che sta portando gli Usa al declino».

I partiti di destra sostengono che la perdita di competitività dell’Europa sia una conseguenza diretta delle politiche verdi. Hanno ragione?

«Completamente sbagliato. La perdita di competitività dell’Europa deriva da tre fattori. In primo luogo, l’Europa si è improvvisamente tagliata fuori dal gas russo e ha acquistato invece il costosissimo Gnl statunitense. In secondo luogo, l’industria automobilistica tedesca è stata troppo lenta a passare ai veicoli elettrici: ha perso il vantaggio rispetto ai produttori cinesi di veicoli elettrici e deve recuperare terreno con urgenza. Infine, l’Europa è rimasta a guardare mentre gli Stati Uniti acquistavano le sue aziende digitali all’avanguardia».

Sono stati commessi errori nella stesura del Green Deal?

«Sì, non esiste un piano per le infrastrutture verdi a livello europeo. Il Green Deal è in realtà la somma di 27 piani individuali».

Gli Stati Uniti chiedono esenzioni dalle regole del Green Deal per le aziende americane. L’Europa dovrebbe accettare queste richieste?

«Certo che no. L’Europa dovrebbe mettere alla porta gli Stati Uniti. È assurdo quanto l’Ue sia stata succube delle richieste statunitensi. È ora di dire di no, con fermezza e chiarezza».

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EPA/Olivier Hoslet | Ursula Von der Leyen e Frans Timmermans presentano il Green Deal europeo, dicembre 2019

L’Ue ha fatto dell’aumento della spesa militare la sua nuova priorità, sostenendo che aiuterà anche l’economia. È così?

«Acquistare equipaggiamento militare statunitense non può in alcun modo aiutare l’Europa. L’intero approccio è una truffa. Trump è un venditore di armi oltre che di Gnl. L’Europa dovrebbe usare il denaro per investire in industrie e infrastrutture del XXI secolo, non in inutili spese militari».

E come altro potrebbe l’Europa garantire la propria difesa mentre la Russia la minaccia con droni e attacchi informatici e Trump avvia la smobilitazione militare?

«L’Unione europea non ha un’idea chiara di cosa sia possibile fare perché non ha avviato una diplomazia attiva e diretta con la Russia sulla sicurezza indivisibile di Europa, Russia e Ucraina. L’Ue ha solo avanzato richieste per l’allargamento della Nato e la sconfitta della Russia, ma non ha cercato di trovare una via d’uscita basata sulla neutralità dell’Ucraina e sul disimpegno militare della Russia vicino ai confini ucraini. Russia e Nato dovrebbero impegnarsi direttamente in un disimpegno reciproco per una sicurezza indivisibile».

L’Ue sembra disposta a seguire, almeno in parte, la spinta protezionistica di Washington, ad esempio imponendo dazi al 50% sull’acciaio cinese. Sarebbe saggio per l’Europa stringere un’alleanza con gli Stati Uniti contro la Cina?

«Se l’Europa seguisse il protezionismo statunitense nei confronti della Cina, come von der Leyen sembra essere intenzionata a fare, l’economia europea sarebbe finita: chiudendosi a Russia e Cina e affrontando il protezionismo statunitense, tutto allo stesso tempo, con un’economia già in declino».

Come può l’Ue mantenere la rotta sull’agenda verde senza diventare dipendente dalle forniture della Cina?

«Il partenariato con la Cina, che includa maggiori scambi commerciali e investimenti bilaterali (Europa in Cina, Cina in Europa e Cina ed Europa), e co-investimenti in Asia, Africa e America Latina, è il modo per rinvigorire l’agenda verde europea».

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EPA/Olivier Hoslet | Una protesta degli agricoltori di fronte alla sede del Parlamento europeo a Bruxelles

E su quali settori industriali concentrarsi l’Europa nei prossimi anni?

«L’Europa è ovviamente un’economia diversificata, ma senza dubbio l’economia del XXI secolo si baserà su tecnologie verdi e digitali. L’Europa ha bisogno di leader nel campo dell’intelligenza artificiale che non dipendano dagli Stati Uniti».

Per anni si è detto che le politiche di sostenibilità sarebbero state molto popolari a livello elettorale, eppure oggi sembra essersi avverato l’esatto contrario. Perché?

«L’economia europea è stagnante e sta perdendo terreno rispetto a Cina, Russia e Stati Uniti, quindi ovviamente ci sono molti possibili bersagli da incolpare: la Russia, la Cina, l’economia verde. Sono tutti errati. L’Europa ha perso la strada essendo vassalla degli Stati Uniti, e ora i guerrafondai russofobi in Europa stanno accelerando il declino. La Russia è un partner commerciale naturale per l’Europa, non un nemico. La guerra in Ucraina è stata provocata dall’egemonia statunitense, incluso l’allargamento della Nato, voluto dagli Stati Uniti, e l’abbandono unilaterale da parte degli Stati Uniti del quadro normativo sulle armi nucleari. Il colpo di stato in Ucraina del 2014, appoggiato dagli Stati Uniti, ha dato inizio alla guerra. È ora di porre fine alla guerra e tornare all’agenda dello sviluppo sostenibile».

Lei parla di porre fine alla guerra in Ucraina, ma è chiaro da tempo che l’unico a non volerlo fare è Putin. E proprio su questa storia del «colpo di stato» americano in Ucraina e dintorni è stato Carlo Calenda ad accusarla in tv di mentire e di diffondere propaganda russa.

«Il ruolo americano nel colpo di stato in Ucraina è ben noto e ben documentato. I politici americani si sono recati a Maidan per incoraggiare i manifestanti, un fatto assolutamente straordinario. Immaginate se i politici russi venissero a Roma per incoraggiare i manifestanti contro il governo italiano. Sarebbe accettabile? È del tutto inimmaginabile. Eppure c’erano i senatori McCain e Murphy, accanto ai leader ucraini di estrema destra, impegnati a rovesciare il governo. Come ha affermato il sottosegretario di Stato Victoria Nuland, gli Stati Uniti hanno investito più di 5 miliardi di dollari nella politica ucraina, e gran parte di questi è andata a organizzazioni profondamente coinvolte negli eventi di Maidan. Gran parte di questi fondi è andata al National Endowment for Democracy, che un tempo si definiva come colui che svolgeva apertamente il lavoro che la Cia svolgeva segretamente. Quanto a Calenda, non mi interessa. Sarò benevolo nei confronti delle sue opinioni e dirò semplicemente che è disinformato e m i fermo qui».

Foto di copertina: ANSA/Salvatore Di Nolfi | Jeffrey Sachs, economista e professore della Columbia University

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