La clinica che praticava aborti con l’inganno e sbagliava a impiantare gli embrioni

La procura di Bologna ha indagato sei tra medici, responsabili e biotecnologi di un clinica del ferrarese. Con l’accusa di aver eseguito un aborto in modo ingannevole. Per rimediare a una gravidanza riuscita, dove però l’embrione impiantato sulla paziente era di un’altra donna. L’Ausl ha deciso di chiudere la struttura di fecondazione assistita della clinica. Le vittime sarebbero 4 donne. Due di loro hanno saputo che l’impianto era stato tentato, quando in realtà non c’era stato. Lo dice il software di registrazione degli interventi, sequestrato dalla Guardia di Finanza su ordine della pm Barbara Cavallo.
L’indagine
Gli avvocati dei medici Chiara Campi e Darien Levani spiegano che i loro assistiti «intendono difendersi in ogni sede». La paziente che era rimasta incinta con l’embrione di un altra, probabilmente a causa di un errore, ha saputo dai medici che la procedura era fallita e che bisognava effettuare una pulizia dell’utero con un farmaco specifico. La stavano facendo abortire a sua insaputa, chiedendole di firmare il consenso, spiega La Stampa. Nel quarto caso si tratta di un’ecografia mai realizzata. Gli inquirenti ipotizzano una serie di reati. Tra cui false attestazioni cliniche per esami o impianti di embrioni mai eseguiti e in un caso un procurato aborto.
La fecondazione assistita
A tutti e sei gli indagati i pm contestano l’omissione di atti d’ufficio per non aver fatto i controlli di fertilizzazione il giorno dopo il prelievo degli ovociti, soprattutto nei venerdì e nei prefestivi. Il Centro di procreazione medicalmente assistita (Pma) dell’Ospedale del Delta di Lagosanto ha già avuto guai con la legge. Il primario Andrea Gallinelli e l’ex responsabile di laboratorio Francesco Capodanno, in primavera sono stati sospesi dall’Ausl perché accusati di mobbing e sessismo in corsia. Le coppie e le donne che fino a ieri erano in cura al Pma di Lagosanto sono state prese in carico da altri centri regionali.
