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Influenza aviaria, boom di casi in Europa. L’allarme del ministero: «Una pandemia negli allevamenti»

26 Novembre 2025 - 15:57 Bruno Gaetani
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Il direttore generale Salute animale Giovanni Filippini «Quasi tutti gli uccelli che sorvegliamo hanno il virus. Ma non ci sono segnali di salto verso l'uomo»

I casi di influenza aviaria in Europa hanno raggiunto i livelli più alti dal 2016. A suonare l’allarme è l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che invita a «rafforzare la sorveglianza e applicare stringenti misure di biosicurezza». Tra il 6 settembre e il 14 novembre 2025, spiega l’Efsa, sono stati segnalati 1.443 casi di influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai) negli uccelli selvatici in 26 Paesi europei, quattro volte in più rispetto allo stesso periodo nel 2024 e il numero più alto quanto meno dal 2016. L’agenzia, in particolare, menziona una serie di focolai con un alto tasso di mortalità che hanno interessato le gru comuni in Germania, Francia e Spagna.

L’impennata di casi in Europa

Secondo l’agenzia europea, negli ultimi mesi gli uccelli acquatici di varie parti d’Europa hanno contratto l’influenza aviaria, con alcuni casi rilevati anche in animali apparentemente sani. Quest’ultimo dettaglio, fanno notare gli esperti, alimenta il sospetto di una «contaminazione ambientale diffusa». La quasi totalità dei casi di infezione da virus Hpai (il 99%) è stata segnalata come A(H5N1) e la maggior parte era costituita da una nuova variante di un ceppo già in circolazione. Tra le varie misure, spiega l’Efsa in una nota, «urge rafforzare la sorveglianza ai fini di una diagnosi precoce e garantire una biosicurezza stringente negli allevamenti, onde prevenire l’introduzione dell’Hpai nei volatili domestici e la sua ulteriore diffusione negli allevamenti di pollame».

I consigli dell’Efsa per contenere i contagi

Il primo consiglio che l’Efsa rivolge alle varie autorità nazionali, regionali e locali è il seguente: emettere ordinanze di confinamento dei volatili domestici nelle zone in cui è stata confermata la presenza di Hpai negli uccelli selvatici o si sono verificati episodi di mortalità di massa. Per il resto, l’agenzia europea suggerisce di rafforzare la sorveglianza dei volatili domestici per garantire la diagnosi precoce dell’infezione negli allevamenti avicoli e focalizzare i controlli sugli uccelli selvatici che abitano in zone umide e siti di sosta migratoria all’interno e all’esterno dell’Europa. Fondamentale anche evitare l’alimentazione artificiale degli uccelli selvatici – in particolare gru e cigni – durante i periodi ad alto rischio, al fine di ridurre l’affollamento e il rischio di trasmissione. E, infine, ridurre al minimo gli elementi di disturbo alle popolazioni di uccelli selvatici – ad esempio la caccia, le attività ricreative o l’uso di droni – per limitare l’ulteriore diffusione del virus.

In Italia è il Nord-Est il territorio più colpito

Per quanto riguarda l’Italia, sono le regioni del Nord-Est quelle più a rischio. A dirlo, in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, è Giovanni Filippini, direttore generale della Salute animale per il ministero della Salute. «Siamo ormai di fronte a una vera e propria pandemia, quasi tutti gli uccelli che sorvegliamo hanno il virus. In Italia siamo sopra i dieci allevamenti colpiti e abbiamo già abbattuto centinaia di migliaia di tacchini, polli e galline ovaiole», spiega l’esperto. Per l’uomo, però, non c’è alcun rischio: «Monitoriamo i livelli di mutazione di tutti i ceppi del virus che incontriamo. Fino ad oggi non abbiamo avuto nessun segnale di spillover sull’uomo. Ma negli Usa il salto c’è già stato e dobbiamo stare attenti, ce lo ha insegnato il Covid. Voglio però rassicurare i consumatori: tutta la carne di pollo nel nostro Paese è sicura e si può mangiare».

Foto copertina: EPA/Rob Engelaar

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