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Francesca Albanese e Greta Thunberg arruolate da Hamas, il murales-provocazione a Roma: «Sono megafono della jihad»

27 Novembre 2025 - 12:40 Alba Romano
L’opera dell'artista aleXsandro Palombo contro le due icone del mondo pro-Pal: «Distorcono il dibattito internazionale»

Greta Thunberg e Francesca Albanese sorridono convinte a braccia conserte, entrambe vestite di uniforme color kaki e kefiah al collo. La prima poggia a terra davanti a sé il cartello “Skolstrejk för klimatet”, diventato simbolo delle sue battaglie ambientaliste. La seconda in testa porta l’elmetto blu dell’Onu, per cui è relatrice speciale in Palestina. Dietro di loro, ad abbracciarle sulle spalle, compare un miliziano di Hamas con la simbolica banda verde sulla fronte. È questo il nuovo murales, firmato aleXsandro Palombo, che è comparso a Roma alla vigilia di una nuova giornata di manifestazioni pro-Palestina. L’opera, ha spiegato l’artista stesso, vuole far riflettere sul rischio dell’attivismo di oggi, troppo spesso piegato all’opportunismo mediatico tanto da diventare «megafono della propaganda jihadista». 

Il significato dell’opera

Mancano poche ore alle grandi manifestazioni della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, ma sui muri romani Palombo ha deciso di lasciare un’avvertenza di segno opposto rivolto proprio a due tra le principali protagoniste della giornata. Quell’abbraccio con il miliziano di Hamas e quei sorrisi sui volti di Thunberg e Albanese vogliono simboleggiare proprio la facilità con cui l’attivismo di oggi, secondo l’autore, si mischia con ideologie estremiste, strumentalizzandole e cavalcandone l’onda della viralità sui social media. 

hamas thunberg albanese murales

Thunberg, Albanese e «l’opportunismo mediatico»

Da qui il titolo dell’opera – “Human Shields” – un riferimento all’utilizzo della popolazione civile palestinese come «scudo umano» alle operazioni di Hamas. Ma anche all’operazione di legittimazione delle posizioni della milizia terroristica che attiviste affermate come Thunberg e Albanese avrebbero condotto abbracciando senza se e senza ma la causa della “resistenza” a Israele. «L’opera apre interrogativi sulla fragilità dell’attivismo contemporaneo, esposto al caos di messaggi e all’opportunismo mediatico», si legge in una nota esplicativa. «Fino al rischio di diventare megafono della propaganda jihadista e della retorica estremista, che mira a delegittimare Israele, insinuare instabilità nelle democrazie occidentali e distorcere profondamente il dibattito internazionale». 

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