Leonardo Caffo, pena dimezzata per i maltrattamenti: seguirà un corso di recupero

Leonardo Caffo diceva: «Mandarmi a processo è stato un abominio, soprattutto in un periodo storico allucinante, dove è evidente che si paga lo scotto del clima, e questo nonostante l’indipendenza della magistratura». E aggiungeva: «Michela (Murgia, ndr) l’ho sentita il giorno prima che morisse, sapeva tutto di me. Mi avrebbe invitato alla fiera (del libro, ndr), se ne sarebbe sbattuta delle critiche e li avrebbe asfaltati tutti. E penso che l’avrebbe dedicata a me (invece che a Giulia Cecchettin, ndr, come aveva fatto Chiara Valerio)». Ieri la Corte d’Appello ha accettato il concordato tra la difesa e l’accusa nel processo per maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna e madre di sua figlia.
Leonardo Caffo: «Sbagliare si può»
E oggi al Corriere della Sera dice: «Sbagliare si può, ma ricominciare si deve, mettendosi in discussione e rinunciando al proprio ego». Secondo il concordato dovrà seguire un percorso di recupero per uomini maltrattanti. Il che è curioso per uno che si professava innocente. Con il suo difensore, l’avvocato Fabio Schembri, usufruendo di una norma della riforma Cartabia, Caffo ha sottoposto ai giudici l’accordo, raggiunto con il sostituto procuratore generale Franca Macchia. Così ha rinunciato all’appello. E la sua pena è diventata definitiva. Ha ottenuto l’assoluzione «perché il fatto non costituisce reato» dall’accusa di lesioni per aver causato alla donna (lui dice non intenzionalmente) la frattura di un dito di una mano durante un litigio.
Pena dimezzata
La pena nei confronti di Caffo è stata ridotta della metà a patto che compia il percorso di recupero. Ha ottenuto anche la sospensione condizionale della pena e la non menzione. Continuerà così a insegnare estetica all’Accademia della belle arti di Milano. Il legale della vittima Elena Tomayer si dice soddisfatta perché «è una sentenza per maltrattamenti a tutti gli effetti e Caffo l’ha riconosciuto in tutte le sedi, sia civile che penale». Il filosofo ha risarcito con 45 mila euro l’ex compagna. E ha già cominciato il suo impegno in un centro accreditato di Torino. «È una terapia individuale della durata massima di 12 mesi, ma in questi anni di riflessione io ho lavorato su di me».
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Stanchezza e dispiacere
Caffo dice di aver provato «stanchezza e dispiacere per tutto quello che è accaduto. Sono stati anni difficili che mi hanno impoverito da ogni punto di vista. È stato un inferno per il lavoro, è stata distrutta la mia credibilità, ho abbandonato gli studenti in aula. Tutto ancora prima della condanna in tribunale». E ancora: «Lavoro su di me, vado avanti e spero di ricominciare tutto». Se potesse tornare indietro, si comporterebbe in modo diverso: «Lascerei da parte l’ ego e penserei sin da subito all’interesse superiore di mia figlia». Ma non dice una parola sulla sua ex compagna: «Nel rispetto di tutti, abbiamo deciso insieme di non parlare per tutelare nostra figlia».
