Le «vacanze forzate» dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, i vuoti di memoria e le versioni opposte: perché Laura Casagrande è indagata

«Non ricordo nulla di tutto quello che ha riletto della mia deposizione dell’epoca, ho un vuoto totale». È solo uno dei tanti «non ricordo» che Laura Casagrande, oggi 56enne ed ex compagna di lezioni di musica di Emanuela Orlandi, ha pronunciato di fronte alla Commissione bicamerale d’inchiesta in un’audizione di quasi due anni fa. La donna, da ieri indagata per false informazioni ai pubblici ministeri, è accusata di aver mentito (nel migliore dei casi) o messo in atto un vero e proprio depistaggio (nel peggiore dei casi) quando è stata chiamata negli ultimi anni a ribadire la sua versione dei fatti. In particolar modo in merito a cosa aveva visto intorno alle 19 del 22 giugno 1983 quando, all’uscita dal Pontificio Istituto di Musica Sacra “Tommaso da Victoria”, la 15enne residente in Vaticano è scomparsa per sempre. «Negli anni, dopo un evento del genere, ho imparato come tecnica a rimuovere per andare avanti».
Le contraddizioni di Casagrande davanti ai parlamentari
Pur non essendo in possesso del verbale del colloquio tra la 56enne e gli inquirenti, è sufficiente consultare quello dell’audizione della Commissione per comprendere come Casagrande dica tutto il contrario di tutto. I cambi di versione avvengono da una risposta alla successiva, sui fatti più noti e rinomati – e fortemente sostenuti da lei stessa in passato – si verificano lacune o errori grossolani. Fino a rendere evidenti, anche nei 40 tra senatori e deputati che la stavano interrogando il 20 giugno 2024, i numerosi sospetti su ciò che sta raccontando la donna.
Il legale di conoscenza (e non amicizia) con Emanuela Orlandi
Gli unici contatti tra Casagrande e Orlandi, ha spiegato a 46enne davanti ai parlamentari, avveniva nell’Istituto Pontificio nei corridoi o durante le lezioni di canto corale: «Non c’era né un’amicizia né una conoscenza molto approfondita. Sapevo soltanto che abitava nella Città del Vaticano e ricordo che mi fece un po’ strano». Tre mesi dopo la scomparsa i rapitori fecero trovare lo spartito di Orlandi su cui, con la grafia di Laura Casagrande, erano annotati il nome di Laura, i telefono e l’indirizzo di casa: «Il motivo era uno scambio di cartoline durante l’estate». Le domande si concentrano sul 22 giugno. Secondo quanto ricorda Casagrande, Emanuela Orlandi sarebbe arrivata a lezione in ritardo. Poi, in fase di uscita, non si sarebbero più incrociate: «Non uscimmo insieme, me ne sarei ricordata», ha sostenuto spiegando che a volte facevano un tratto di strada verso la fermata dell’autobus di corso Rinascimento ma mai tornavano a casa insieme.
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Il racconto però non collima con ciò che la stessa Casagrande aveva sostenuto due volte separatamente. Una volta ha sostenuto di averla vista quel pomeriggio tardo alla fermata degli autobus 70 e 26, un’altra ha confessato di averla solo vista da lontano mentre frettolosamente si avviava verso l’autobus per poi perderla di vista nella folla. Ora la terza versione: «Non ho memoria alcuna, ho un vuoto totale». Un vuoto totale che si ripresenta anche quando le viene chiesto di ricordare le compagne di classe: inizialmente, eccetto Emanuela, non gliene sovviene nessuna. Poi, seguendo i nomi citati nelle domande dai parlamentari, alcuni lampi di memoria sembrano rinfrescarli tanto da indispettire il presidente della Commissione: «A fronte di un totale vuoto rispetto a dichiarazioni fatte non da altri ma da lei, in futuro potremmo dover esercitare la forma dell’escussione testimoniale, sotto giuramento».
La vacanza forzata e i capelli ricci
Sono altri due gli elementi che emergono dall’audizione. Da una parte i capelli ricci e scuri (anche qui prima dimenticati, poi improvvisamente tornati in mente) che la stessa Casagrande avrebbe portato intorno alla data della scomparsa di Emanuela Orlandi. Una capigliatura che, stando alla testimonianza della loro compagna Raffaella Monzi, era portata da quella che si ritiene l’ultima persona a parlare direttamente con la 15enne, sul marciapiede di corso Rinascimento. In secondo luogo emerge la «vacanza forzata» di due mesi che permise a Laura Casagrande di allontanarsi da Roma e rifugiare in Umbria all’indomani della scomparsa della 15enne. «Non passarono molti giorni e io fui portata in un paesino in Umbria da mia nonna a passare delle vacanze forzate in posto un po’ isolato», ha raccontato. «Ero rimasta scossa, per questo poi non sono più tornata all’istituto. Ho chiesto io di non andarci. Non me la sentivo più. Io ero e sono una persona molto emotiva e ho imparato come tecnica, come avrete visto, in quanto sto facendo delle figure pessime, a rimuovere per andare avanti». Poi un’ultima domanda, ma la risposta è sempre la stessa: «Quel giorno lì? Ho il buio».
