«Vi spiego perché i tagli all’Irpef di Meloni finiranno per alzare le tasse ai lavoratori»

I tagli all’Irpef? A causa del fiscal drag finiscono per alzare le tasse sui lavoratori. Tommaso Nannicini, economista, in un’intervista a Repubblica, dice che «invece di giocare con le aliquote Irpef, come si è fatto anche con questa manovra, sarebbe stato giusto riformarla l’Irpef, per azzerare gli effetti del fiscal drag che in questi anni ha fatto aumentare le tasse per via dell’inflazione». Mentre alcune categorie, come i pensionati, «non hanno avuto indietro niente».
440 euro all’anno per oltre 13 milioni
Il governo Meloni sostiene che la riduzione dell’Irpef dia 440 euro all’anno per oltre 13 milioni di lavoratori, ma secondo Nannicini «c’è sempre il trucco delle due mani». Cioè: «Con quella visibile, i governi tagliano le tasse per alcune categorie. Ma con l’altra, invisibile, non risolvendo il problema del fiscal drag, finiscono per aumentare le tasse per tutti. Ci sono tre categorie che non sono mai state compensate: i pensionati, gli autonomi che aderiscono al regime ordinario e i dipendenti con redditi medio-alti. Per loro, il prelievo fiscale è aumentato in questi anni». Le misure della Legge di Bilancio, dice l’economista, «sono tutte modeste, al ribasso. Su ognuna delle voci di questa lista della spesa si sarebbe potuto fare di più. Bastava scegliere».
La detassazione
Per esempio servivano più risorse sulla detassazione dei rinnovi contrattuali «e in generale sulla questione salariale, che è il vero vulnus del mercato del lavoro italiano». Anche sugli investimenti c’è il trucco delle due mani: «Si tagliano gli incentivi alle imprese rinegoziando il Pnrr con Bruxelles, ma poi si sbandiera qualche compensazione infilata all’ultimo nella legge di bilancio. Non si dà certezza a chi deve investire. Sull’altare della tenuta dei conti si è sacrificata qualsiasi misura per la crescita». Invece del salario minimo serve «per esempio una start tax: giù l’Irpef per chi ha meno di 35 anni. Sarebbe un segnale forte alle nuove generazioni che altrimenti fuggono all’estero. Ci lamentiamo tanto delle culle vuote, ma il problema sono gli aerei pieni di giovani che lasciano l’Italia».
