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Istruzione, innovazione e under 35. I grandi assenti dalla legge di bilancio

23 Dicembre 2018 - 17:05 OPEN
"Come si può pensare che questo non sia un problema destinato a esplodere e a trasformarci in un paese sempre meno sviluppato"? L'editoriale di Francesco Seghezzi

Tagliati fuori e dimenticati. Difficile trovare altre parole per descrivere lo spazio degli under 35 nella Legge di Bilancio approvata ieri notte al Senato. Su Open ne abbiamo scritto spesso negli ultimi giorni. Si va dal reddito di cittadinanza che difficilmente sarà percepibile dai più giovani, specialmente da chi vive ancora con le famiglie pur essendo inattivo o disoccupato. Passando per il diritto allo studio degli studenti universitari, con la condanna di migliaia di loro a non ricevere una borsa di studio che pur gli spetterebbe. Fino a un bonus eccellenze per i 110 e lode che non convince, perché investe risorse per aiutare quelli che già sono più avvantaggiati, per merito, nel mercato del lavoro.

Ma ha poco senso stare a rivendicare l'assenza di attenzione nei confronti di una generazione che conta sempre di meno perché ha un peso elettorale sempre più in diminuzione. Non è che i governi precedenti abbiano fatto molto per i giovani. Il punto è un altro. Anzi sono almeno due. Uno di prospettiva e l'altro di uguaglianza.

Difficile trovare oggi un dato economico nazionale o internazionale che non ci conduca a una conclusione: siamo prossimi a una nuova recessione. E di fronte a una recessione è difficile agire con politiche a breve termine, anche perché sappiamo che le recessioni sono cicliche e prima o poi (più prima che poi) tornano. Allora sembra davvero miope il fatto che nella Legge di Bilancio non vi sia nulla sul fronte scuola, università, formazione continua degli adulti. Così come manchino politiche di sostegno agli investimenti in innovazione e in tecnologia.

E chi paga non sono le nuove generazioni ma il Paese intero. Infatti in pochi anni l'arretratezza italiana su questi fronti si scaricherà sulle generazioni dei cinquanta-sessantenni, che oggi sembrano non porsi alcun problema. Siamo il Paese europeo con il maggior numero di giovani che non studiano e non lavorano e quello con il penultimo per numero di laureati. Come si può pensare che questo non sia un problema che in pochi anni esploderà e ci porterà a essere sempre meno un paese sviluppato? Sarebbe bene ricordarsi una cosa: i giovani non sono Peter Pan, a un certo punto crescono, e sono problemi per tutti.

Il secondo punto è l'uguaglianza e il rispetto tra generazioni. Prendiamo per esempio le clausole di salvaguardia sull'IVA. Chi pagherà le decine di miliardi in più nei prossimi anni se scatteranno, come è probabile? O prendiamo i 20 miliardi per Quota 100 che verranno spesi nei prossimi tre anni. Chi credete che li pagherà se non i (pochi) giovani che oggi lavorano? Se qualcuno spende soldi non suoi ci sarà sempre qualcuno che dovrà coprire i debiti a un certo punto. E nell'economia di un Paese le strade sono due: o si aumentano le tasse (cosa che questa Legge di Bilancio fa) o si va a debito scaricando sulle generazioni successive la propria spesa.

Questo può essere giustificato se la spesa va a vantaggio di chi la pagherà. Purtroppo non è questo il caso. Con Open monitoreremo quello che accadrà ma non esiste uno studio che mostri come i giovani possano beneficiare dal prepensionamento degli adulti. E l'altra misura per la quale gli under 35 sono stati caricati di debiti, il reddito di cittadinanza, non potrà funzionare perché mancano gli investimenti sul lavoro.

Le conclusioni sono amare, e non possono non esserlo. Ma l'amarezza più grande non riguarda i contenuti di questa manovra. Riguarda l'assenza di qualsiasi tipo di reazione da parte di una generazione che verrà punita ingiustamente. Potrà non piacere questa considerazione, ma il mutismo di milioni di giovani è oggi più che mai assordante. Dove siete ragazzi?

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