Libia, il palazzo attaccato al centro di una disputa tra milizie

La sede governativa delle rappresentanze estere tripoline è stata attaccata nella mattinata di Natale. Morti tra gli attentatori e tra i funzionari ministeriali. Sei, in tutto, le vittime 

Non è un palazzo qualunque, quello attaccato la mattina di Natale da terroristi che – dicono fonti contattate da Open – proverrebbero dall’area subsahariana e apparterrebbero all’Isis. Il 26 è arrivata una rivendicazione giudicata attendibile che parla dell’azione dei “soldati del califfato”.


Il controllo della sede del ministero degli esteri negli ultimi mesi era passato di mano varie volte: “E’ probabilmente la mancanza di una guida centralizzata sulla sicurezza di questa sede istituzionale che l’ha resa particolarmente esposta alla possibilità di aggressioni”, dice la stessa fonte presente a Tripoli.


Per un lungo tempo, il ministero degli esteri è stato nelle mani della Forza di deterrenza speciale (Sdf), di credenza salafita, una delle principali milizie della città, che agisce anche in funzione anti terrorismo dopo essersi distinta nel combattere l’Isis.

Poi, è passata sotto il controllo della Brigata rivoluzionaria di Tripoli. Una delle vittime, infatti, è il portavoce della Brigata rivoluzionaria, Abdulrahman Mazoughi, il gruppo di miliziani più consistente e importante nella capitale.

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La Brigata aveva recentemente fondato una Forza di protezione di Tripoli, d’accordo con i salafiti di Sdf. La nuova organizzazione ha sfidato anche l’autorità del ministro dell’Interno, Bashaga, contestato perché considerato troppo moderato (tra le tante polemiche che lo hanno riguardato, quella relativa alla sua scelta di aprire una unità per i diritti umani).

All’interno di questa macro area, tra Sdf e Brigata sono rimaste tensioni e diffidenze. Una mancanza di coordinamento che potrebbe aver reso il palazzo un obiettivo “facile”.

Non è il primo attentato recente ad avere come obiettivo una sede istituzionale. A maggio era stata attaccata la sede della Commissione elettorale e a settembre la National Oil company, sempre per mano di terroristi del sud del Sahara.

La conta delle vittime è stata corretta a sei, tre degli attentatori, un diplomatico libero e due persone presenti (uno dei quali della Brigata rivoluzionaria, appunto) e ventuno feriti. Secondo alcune fonti il commando era formato da cinque persone e sarebbero morti anche gli altri due terroristi.

La dinamica

Nella dichiarazione reperibile anche su Facebook, il ministero degli Esteri ha denunciato un “attacco suicida” da parte di “elementi terroristici”, elogiando nel contempo la “professionalità” dei servizi di sicurezza che “hanno limitato il numero delle vittime”.

L’assalto è avvenuto intorno alle 10 (ora locale, le 9 in Italia) quando un’autobomba è esplosa all’esterno dell’edificio che si trova su Al Shat Road, a un chilometro dall’ambasciata italiana a Tripoli.

Secondo quanto riferito dal portavoce delle forze speciali, Tarak al Dawass, nel corso di una conferenza stampa, sono cinque i terroristi che hanno tentato l’assalto al ministero e sarebbero stati tutti uccisi.

Secondo un’altra versione, l’assalto è stato compiuto da tre persone, uno ucciso e due che si sono fatti esplodere. Tre le vittime “civili” dell’attacco, tra loro Hibraim Shibani, diplomatico e direttore generale del Dipartimento relazioni islamiche del Ministero degli Esteri libico, il portavoce della Brigata rivoluzionaria Mazoughi e un dipendente dell’ambasciata.

Il ministero fa capo al governo di unità nazionale libico di Fayez al-Serraj, che domenica scorsa aveva ricevuto a Tripoli il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte.