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«Fine vita? Il governo fa finta di niente e intanto butta via mesi di tempo». L’intervista a Marco Cappato

14 Gennaio 2019 - 20:44 Charlotte Matteini
Il processo per la morte di Davide Trentini, che vede imputati per aiuto al suicidio Marco Cappato e Mina Welby, è stato rinviato al prossimo novembre. Nonostante la pronuncia della Corte Costituzionale, che ha chiesto al Parlamento di esprimersi sul fine vita per colmare il vuoto legislativo attuale, nulla sembra muoversi. Marco Cappato spiega a OPEN che cosa succederà nei prossimi mesi

Nella mattinata di lunedì 14 novembre si è svolta la seconda udienza del processo per la morte di Davide Trentini,il 53ennemalato di Sla deceduto in una clinica svizzera nell’aprile 2017. Per la morte di Trentini, Mina Welby e Marco Cappato – autodenunciatisi per aver aiutato il 53ennea ottenere il suicidio assistito in Svizzera – risultano indagati per istigazione e aiuto al suicidio, un reato che attualmente prevede pene fino a 12 anni di carcere. Quello di Trentini èil secondo processo che vede Marco Cappato imputato per aver aiutatoun malato terminale a morire in Svizzera: nel gennaio 2017 il leader dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica epromotore della campagna Eutanasia Legale ha aiutatoFabiano Antoniani, conosciuto dall’opinione pubblica con il nome di Dj Fabo,a ottenere il suicidio assistito in Svizzera e per questo è stato indagato dal tribunale di Milano sempre per aiuto al suicidio.

I giudici del foro di Milano, però, anziché proseguirecon il processo, hanno deciso di rimettere nelle mani della Consulta la questione di legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio e la Corte Costituzionale, vagliato il procedimento, ha chiestoal Parlamento di colmare il vuoto legislativo sul tema fine vita entro 11 mesi, ovvero entro il 24 settembre 2019. Oggi, igiudici del Tribunale di Massa hanno dunque deciso di rinviare il procedimento penale al prossimo 11 novembre e di aspettare, quindi, l’eventuale intervento del Parlamento in materia prima di decidere il da farsi. Per capire meglio i termini della questione, abbiamo raggiunto telefonicamente Marco Cappato.

Com’è andata l’udienza di oggi?

La prossima udienza è stata fissata a novembre…

Dopo la Consulta?

Speriamo dopo il Parlamento, mi verrebbe da dire. Il termine del 24 settembre non possiamo rassegnarci a farlo passare come il termine dell’intervento della Corte Costituzionale. La Consulta vorrebbe essere chiamata a prendere atto dell’esistenza di un intervento parlamentare in materia come richiesto. Allora, si può per realismo politico dire che tanto non succederà niente, ma noi non vogliamo basarci sul realismo politico e vorremmo credere nelle istituzioni. La Corte Costituzionale ha chiesto al Parlamento di colmare un vuoto legislativo. Con il rinvio dell’udienza a novembre, anche il tribunale di Massa sembra voler rispettare le indicazioni della Consulta. Il dato politico grave è che il Parlamento -nonostante gli undici mesi di tempo concessi dalla Consulta e più che sufficienti quanto meno adarrivare a una prima lettura in una delle due camere -abbia buttato viagià tre mesi di tempo e non sia stato in grado nemmeno di incardinare un provvedimento in una commissione parlamentare, senza che né il presidente della Camera né il presidente del Senato abbiano rivolto ai parlamentari una sollecitazione formale di qualsiasi tipo né il governo – dunque nessuno dei massimi rappresentanti istituzionali chiamati in causa -abbiamosso un dito. Questo oggi è il punto. Io penso che sia una cosa positiva che i giudici di Massa abbiano deciso di rinviare il processo e aspettare i termini della Consulta, ciò che vi è di negativo è la totale inerzia delle massime cariche istituzionali su questo tema.

A questo proposito,vista soprattutto la presa di posizionedel ministro Bonafede- che all’indomani della decisione della Consulta dichiaròche il tema fine vita non era stato inserito nel contratto di governo senza approfondire la questione – secondo lei si riuscirà ad arrivare a una discussione parlamentare su questo tema come vuole la Consulta?

Quella di Bonafede è una frase molto ambigua perché può voler dire due cose che sono l’una l’opposto dell’altra. Che non sia nel contratto di governo lo sappiamo tutti, ma a meno di pensare che il Parlamento non esista più e che non abbia più autonomia e iniziativa legislativa, dovrebbe poter agire. Non siamo stupidi, nessuno ha mai preteso che il governo prendesse una posizione per lalegalizzazione dell’eutanasia, però un conto è dire “non è nel contratto di governo, quindi massima autonomia al Parlamento”e un altro conto è dire “non è nel contratto di governo e dunque impediremo la discussione”.

Il ministro Bonafede non è stato chiaro sul punto, invece

Lui non è stato chiaro per niente. Salvini sulla legalizzazione della Cannabis, per esempio, ha detto che siccome non è nel contratto di governo non si farà e francamente a me sembra che la linea del governo questa anche sul fine vita.Il problema è che nel contratto di governo c’è un’altra cosa che tutti fanno finta di non aver letto ed è la trattazione immediata delle proposte di legge di iniziativa popolare, com’è la nostra sull’eutanasia. A parte questo, il richiamo della Corta Costituzionale sul tema del fine vita è formale e non è che si può fare finta che la discussionela stiano chiedendo Cappato o Mina Welby. La discussione sull’eutanasia la stanno chiedendo da una parte i 150 mila cittadini che hanno sottoscritto la proposta di legge di iniziativa popolare e che attende di essere discussa da 5 anni e mezzo e dall’altra la Corte Costituzionale. Non c’è nel contratto di governo? Be’, non poteva certo essere previsto l’intervento della Corte Costituzionale, non è che – per esempio – se scoppia una guerra un governo può sottrarsi dicendo che non è nel contratto di governo. Non si può comunque fare finta che questi due fatti non esistano e l’atteggiamento del governo fa pensare invece che stiano cercando di fare finta di niente. Io credo che il nostro compito siaportare avanti la nostra lotta e se le istituzioni continueranno a non fare nulla, la nostra azione di disobbedienza civile andrà avanti finché qualcosa non accadrà.

Ma quindi potreste anche decidere di aiutare altre persone a ottenere il suicidio assistito in Svizzera come nei casi Trentini e Fabo?

Noi stiamo continuando ad accogliere le richieste che ci arrivano e sicuramente, nel momento in cui dovessimo trovarci di fronte alle condizioni giuste e alla persona che si rivolge a noi per ottenere il suicidio assistito in Svizzera, a quel punto agiremmo. Comunque noi proseguiamo a dare informazioni a chiunque chieda il nostro aiuto, per ora.

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