Sea Watch in mare con 47 migranti a bordo: «Il meteo peggiora, non sappiamo dove andare»

Il 19 gennaio la ong ha soccorso 47 persone, di cui 8 minori, e ora è in cerca di un porto dove farle sbarcare. Matteo Salvini ha già ribadito che i porti italiani sono chiusi. Un rifiuto che arriva a poche ore dalla tragedia dei 117 migranti che sarebbero morti a largo della Libia probabilmente per un ritardo nei soccorsi

A poche ore dal naufragio davanti alle coste della Libia in cui avrebbero perso la vita 117 migranti e soltanto tre si sarebbero salvati, la Sea Watch è tornata in mare: sono 47 le persone tratte in salvo, di cui 8 minori non accompagnati.


A bordo del gommone naufragato il 18 gennaio a 45 miglia da Tripoli, secondo il racconto dei tre superstiti, c’erano 120 persone, tra cui dieci donne, una ragazza incinta e due bambini piccoli. «Meglio morire che tornare in Libia», hanno detto i tre sopravvissuti.


Il 19 gennaio, a neanche 24 ore, una nuova operazione di salvataggio, comunicata da Sea Watch via Twitter: «Alarm Phone (il servizio di segnalazione telefonica per imbarcazioni in difficoltà, ndr) e Moonbird (l’aereo della ong che avvista migranti nel Mediterraneo, ndr) avevano informato l’imbarcazione e le autorità di un possibile caso. Dopo una ricerca, la Sea-Watch 3 li ha trovati. Sono tutti in salvo e ci stiamo prendendo cura di loro».

Ora però la nave della Sea Watch non sa dove andare e denuncia che il meteo è in peggioramento: «Noi restiamo sempre in attesa di istruzioni. Siamo ancora in zona “Search and rescue”, ma nessuno si è ancora assunto il coordinamento dell’operazione».

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Le reazioni

Immediata la risposta del ministro dell’Interno. «Si scordino di ricominciare la solita manfrina del porto in Italia o del ‘Salvini cattivo’. In Italia no», ha detto Matteo Salvini in una diretta Facebook. Poi, ha proposto una “soluzione”: «La nave vada a Berlino e faccia il giro lungo passando da Rotterdam, facendoli scendere ad Amburgo». E non ha perso occasione per attaccare le ong: «Tornano in mare, gli scafisti ricominciano i loro sporchi traffici, le persone tornano a morire, ma il cattivo sono io».

Poi il ministro dell’Interno è tornato sul tema. «Io non sono stato, non sono e non sarò mai complice dei trafficanti di esseri umani, che con i loro guadagni investono in armi e droga, e delle ong che non rispettano regole e ordini – ha scritto Salvini su Facebook. – Quanto a certi sindaci e governatori di Pd e sinistra anziché denunciare la presunta violazione dei ‘diritti dei clandestini’, dovrebbero occuparsi del lavoro e del benessere dei loro cittadini, visto che sono gli italiani a pagare loro lo stipendio».

Mentre l’altro vicepremier ha accusato Parigi: «Questi viaggi della disperazione nel Mediterraneo che provocano morti sono legati a una fase coloniale ancora in atto in Africa. Ci sono Paesi europei, in particolare la Francia, che continuano a tenere sotto scacco l’economia africana impoverendola. L’Unione Europea dovrebbe sanzionare le nazioni come la Francia che stanno impoverendo questi posti e è necessario affrontare il problema anche all’Onu». Non ha risparmiato parole dure per il presidente francese:  «Sui migranti Macron prima fa la morale e poi continua a finanziare il debito pubblico con i soldi con cui sfrutta i paesi africani» e ha definito «ipocrita» parlare degli «effetti e non delle cause» dei naufragi nel Mediterraneo.

«Una società sana salva vite umane». È il commento del presidente della Camera Roberto Fico che ha aggiunto: «Se non ci riusciamo è un fallimento di tutti». «Mediterraneo non sia fossa comune – ha detto invece il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. – Non possiamo rassegnarci ad accettare la morte di tanti poveri innocenti».

Si riapre ora la questione del porto in cui far sbarcare queste 47 persone. Un rifiuto secco, quello di Salvini, che acquista maggior peso dopo il tragico naufragio a largo delle coste libiche. Una tragedia che avrebbe avuto luogo proprio perché nessuno è riuscito a soccorre i circa 120 migranti a bordo del gommone.

Secondo una prima ricostruzione il gommone sarebbe stato avvistato venerdì 18 gennaio e la Sea Watch avrebbe subito dato la propria disponibilità alle autorità italiane di soccorrere le persone in mare. Ma la Guardia costiera italiana ha dato comunicazione a quella libica prima di far partire i soccorsi.  Un ritardo che, se venisse provato, probabilmente è costato la vita a un centinaio di persone.

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«I tre sopravvissuti arrivati a Lampedusa ci hanno detto che erano in 120. Dopo 11 ore di navigazione hanno imbarcato acqua, hanno cominciato ad affondare e le persone ad affogare. Sono rimasti diverse ore in mare ‘sperando che qualcuno si accorgesse’ di loro. Tra i dispersi ci sono 10 donne, di cui una incinta, e due bambini, di cui uno di 2 mesi», ha spiegato Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale dei migranti (Oim). I tre sopravvissuti hanno raccontato le violenze e gli abusi di cui sono stati vittime a Tripoli e hanno aggiunto: «Meglio morire che tornare in Libia».

Sea Watch accusa: «Politiche Ue uccidono»

«Quest’ultima strage dimostra ancora una volta che le attuali politiche Ue migratorie uccidono e che la cosiddetta guardia costiera libica non è in grado di effettuare operazioni di salvataggio», ha dichiarato Kim Heaton-Heather, capo missione di Sea Watch.

«Siamo molto felici di averli trovati in tempo, con un’Europa che non intende salvare e collaborare, rimangono le ormai pochissime navi civili di soccorso che fanno del loro meglio per soccorrere vite umane e difendere i diritti umani in mare. Abbiamo bisogno di più assetti che operino soccorsi, non meno; e abbiamo bisogno della presenza della società civile che monitori quanto accade nel Mediterraneo e garantisca la difesa dei diritti umani, primo fra tutti quello alla vita», ha proseguito Heaton-Heather.

«L’Europa non solo lascia annegare donne, uomini e bambini, ma ostacola colpevolmente coloro che vogliono aiutare. Questa politica disumana deve finire ora, non c’è più tempo di aspettare che i leader europei portino avanti bracci di ferro politici sulle spalle di persone vulnerabili», ha concluso il capo missione di Sea Watch.

Orlando contro il governo: «Complice dei trafficanti di morte»

Dopo che il ministro dell’Interno Matteo Salvini è tornano a ribadire la linea porti chiusi per le Ong, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha attaccato il governo: «Se fosse confermato che la strage di questa notte nel Mediterraneo, che ha visto morire 117 uomini, donne e bambini, sia stata causata anche dal fatto che è stato vietato alla Marina militare italiana di intervenire in soccorso delle persone in difficoltà, è evidente che ci troveremmo di fronte ad un salto di qualità nella guerra ai diritti umani da parte del Governo italiano. Un salto di qualità che di fatto ci rende complici, come Paese, dei trafficanti di morte», ha dichiarato Orlando.

Proseguendo, Orlando si è detto disponibile ad accogliere i migranti salvati dalla Sea Watch: «Ora che, ancora una volta grazie all’umanità delle organizzazioni non governative e grazie all’impegno degli uomini e delle donne della Sea Watch decine di persone sono state tratte in salvo, mi auguro che non si ripeta il vergognoso balletto e rimpallo di responsabilità a cui abbiamo assistito a cavallo di Capodanno e che presto i naufraghi, come prevede il diritto internazionale, possono approdare in un porto sicuro. Quello di Palermo è con la città e il suo sistema di accoglienza, pronto ad accoglierli», ha concluso il sindaco di Palermo.

Libera: «Basta a illusioni e propaganda»

«Sono morti che devono pesare sulle coscienze di tutti. Basta ai venditori di illusioni, basta a chi fa propaganda su queste tragedie, basta a chi cerca scorciatoie con leggi che negano i diritti, alimentano illegalità e disperazione», ha commentato così la strage dei migranti su Twitter Luigi Ciotti, il fondatore dell’associazione Libera.

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