Dal primo giorno del governo giallo-verde i rapporti tra Italia e Francia si sono inaspriti. Il 21 giugno, appena tre settimane dopo l’insediamento dell’amministrazione Conte, Macron ha dichiarato guerra a Matteo Salvini, al premier ungherese Viktor Orbán e alla loro «lebbra populista» con un discorso pronunciato a Quimper. Dopo una breve tregua a inizio gennaio, in cui Macron si è astenuto dal commentare gli attacchi degli esponenti M5S e Fratelli d’Italia al Franco CFA, la Francia ha richiamato il 7 febbraio l’ambasciatore a Roma. Un gesto drastico che non avveniva dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, determinato da una visita di Di Maio ai rappresentanti del movimento del gilet gialli in suolo francese. Una crisi tra Italia e Francia potrebbe avere ripercussioni economiche e politiche gravissime, ne è un esempio AirFrance, che sta minacciando di fare saltare l’accordo con Alitalia. Ma se le motivazioni che hanno spinto Di Maio a prendere posizione contro il governo francese sono chiare, le ragioni francesi per un gesto cosi radicale lasciano spazio a molti dubbi. Ne abbiamo parlato con lo storico e analista politico Marc Lazar, esperto delle relazioni franco-Italiane.
La scelta francese di richiamare l’ambasciatore da Roma ha aumentato i consensi per Macron?
«Direi che la maggior parte dell’opinione pubblica francese se ne infischia del governo italiano. L’attenzione del popolo francese è completamente dominata dalla crisi dei Gilet gialli e dalle questioni del futuro della presidenza della Repubblica. In questo momento la tensione è talmente alta nel nostro Paese che quello che succede in Francia ha molta più importanza della relazione tra Italia e Francia. I media invece si sono espressi molto sulla questione, concordando sul fatto che Di Maio – venendo in Francia – ha varcato una linea rossa. Macron ha sicuramente una grande necessità di riguadagnare popolarità in Francia, ma attraverso le concessioni ai gilet gialli e l’apertura del dibattito nazionale sta facendo grandi passi avanti senza il bisogno dell’Italia».
Una presa di posizione così forte da parte di Macron fa comunque trasparire un interesse politico…
«Certo. La Francia ha preso questa visita di Di Maio come un pretesto per drammatizzare il rapporto italo-francese in prospettiva delle elezioni europee. Se la maggioranza dei francesi è abbastanza indifferente alla relazione tra Parigi e Roma, è invece molto sensibile alla necessità di creare un argine contro i populismi in Europa. La campagna elettorale per le elezioni europee gioca un ruolo determinante nella relazione italo-francese, sia dalla parte italiana, sia da quella francese. Soprattutto per Macron, che vuole dimostrare la sua ostilità contro i populismi, non solo italiani ma europei. Questa volta ha trovato un buonissimo pretesto».
L’atteggiamento di Macron verso l’Italia rappresenta la sua volontà di ergersi a leader dell’Europa democratica contro i populismi, oppure rispecchia di più l’orgoglio nazionalista francese?
«Macron è un europeista nazionalista. Vuole rafforzare l’Europa a condizione che la Francia giochi il ruolo di leader. In questa presa di posizione specifica non vedo del nazionalismo, ma con questo non nego che ci sia una parte di responsabilità francese in questa crisi. L’atteggiamento iniziato con Hollande e portato avanti da questo governo sui migranti ha dato all’Italia l’idea che i francesi si lavassero completamente le mani della situazione migratoria. In più, Macron non solo se ne infischiava, ma dava all’Italia lezioni di grande umanità: «Bisogna fare qualcosa per i migranti ma non in Francia». Questa crisi non è solo responsabilità del governo italiano. Ci sono state dichiarazioni insopportabili e atteggiamenti molto pericolosi anche dalla parte francese».
Perché En Marche, pur essendo “di sinistra”, adotta questa posizione molto restrittiva in materia migratoria?
«Quello di Macron non è un governo di sinistra: il presidente sta scivolando sempre di più a destra. È convinto di avere uno zoccolo duro di elettori di sinistra, quindi sta cercando di guadagnare sempre più consensi dall’altra parte, lanciando messaggi verso quell’elettorato. Marine Le Pen è forte, quindi l’atteggiamento di Macron sui migranti è dettato dalla paura che Il Rassemblement National (il nuovo nome del Front National, partito di Le Pen) guadagni consensi grazie a questo argomento».
In un editoriale, Le Monde ha scritto: «Immaginatevi se Philippe o Castaner andassero a Perugia a incontrare degli ex-brigatisti senza avvisare le autorità italiane per poi vantarsene su Facebook». La Francia è stata artefice della dottrina Mitterand che diede asilo a molti esponenti della lotta armata italiana. Perché questa contraddizione in un articolo intitolato «Le contraddizioni di Di Maio»?
«C’è in effetti un’incoerenza, ma lascio che Le Monde si occupi dei suoi editoriali.»