Se il bagarinaggio non è (ancora) reato: assolto chi ha gonfiato i prezzi per i Coldplay e Springsteen

Assolte le piattaforme accusate di aver gonfiato i prezzi dei biglietti online. Al via da luglio la legge contro gli abusi, ma il provvedimento non è retroattivo

Il secondary ticketing, la rivendita online di biglietti dei concerti a prezzi maggiorati, è una delle croci del mondo musicale. Lo scorso anno a scatenare la polemica era stato l’immediato sold-out alle date italiane dei Coldplay e di Bruce Spingsteen: cinque persone, tra manager di società e promoter,erano state accusate di truffa e aggiotaggio per aver acquistato a blocchi i biglietti sulle piattaforme riconosciute,e per averli rivenduti a prezzo d’oro tramite i propri canali. Mercoledì 13 febbraio la procura di Milano ha assolto preliminarmente tutti gli imputati: al momento, il secondary ticketing non costituisce un reato. Il fatto, dunque, non sussiste.


I rischi del bagarinaggio 2.0 sono una costante tra gli appassionati di concerti, che conoscono bene la prassi: per evitare di dover incappare in dinamiche del genere, si è obbligati connettersi sulle piattaforme ufficiali di vendita non appena i biglietti diventano disponibili online. Per i fan di Bruce Springsteen e i Coldplay, non è solo un’abitudine, è la regola. Ma a volte non è solo colpa del numero spropositati di fan club che contribuisce a far fuori tutti i posti disponibili, siano i concerti nei palazzi dello sport o nelle arene. Spesso la responsabilità è delle società che, fino a oggi, sono riuscite a far leva su un buco legislativo.


Da luglio entrerà in vigore una legge approvata dallo scorso Governo che, ampliata dal decreto Franceschini, renderà obbligatori i biglietti nominali e sigillerà l’illegalità della pratica del bagarinaggio. La legge, però, non è retroattiva: chiunque si sia trovato coinvolto in casi di rivendita maggiorata prima di luglio 2019, non potrà essere condannato.