Legittima difesa, la mossa di Salvini: visita in carcere a Peveri

L’uomo dovrà scontare una condanna di 4 anni e 6 mesi per tentato omicidio. «Mi domando se sia un Paese normale quello in cui chi si difende viene condannato al carcere e il rapinatore a 10 mesi», ha commentato il ministro dell’Interno

Sono i primi giorni in carcere per Angelo Peveri, l’imprenditore di Piacenza condannato in via definitiva dalla Cassazione per il tentato omicidio di uno dei due ladri sorpresi a rubare nella sua azienda nell’ottobre del 2012. L’uomo, che dovrà scontare una condanna di 4 anni e 6 mesi, sparò con un fucile ai due malviventi in presenza del suo collaboratore Gheorge Batezatu. 


«Mi domando se sia un Paese normale quello in cui chi si difende viene condannato a 4 anni e il rapinatore a 10 mesi – ha commentato qualche giorno fa il ministro dell’Interno Matteo Salvini -. Questo mi rende chiara l’urgenza di approvare entro marzo, ed è un impegno, la legge sulla legittima difesa».


E ancora: «Peveri sparò a due romeni che gli stavano rubando del gasolio, ferendone gravemente uno – ha precisato Salvini – Per la sua azienda era il terzo furto nel giro di poco tempo».

E – proprio per esprimere vicinanza all’imprenditore piacentino ma soprattutto per rilanciare sul provvedimento caro alla Lega – il vicepremier Salvini ha in programma una visita nel carcere di Piacenza ad Angelo Peveri che, prima di entrare in cella, ai microfoni de La Zanzara, aveva detto: «Mi sento un coglione, loro volevano derubarmi e io vado in galera. Ho pure dovuto risarcire 30mila euro».

Il caso dell’imprenditore è stato citato qualche giorno fa anche dal ministro Giulia Bongiorno a proposito della nuova legge sulla legittima difesa che dovrà essere appunta varata «entro marzo».

«Le decisioni in merito alle modalità e alla durata di una pena detentiva non spettano al Ministro dell’Interno, che ha fatto visita a un detenuto condannato con sentenza passata in giudicato, ma solo alla magistratura, che emette le sentenze in modo rigoroso e applicando le leggi dello Stato», ha sottolineato l’Anm in un comunicato.

«Ogni tentativo di stravolgere queste regole rende un cattivo servizio e veicola una messaggio sbagliato ai cittadini, viola le prerogative della magistratura, delegittima il sistema giudiziario ed è contrario allo Stato di diritto e ai principi costituzionali, al cui rispetto dovrebbero concorrere tutti, specialmente chi ricopre importanti incarichi di Governo».

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