Dopo l’incendio, lo sgombero: chiude la baraccopoli di San Ferdinando: 900 migranti trasferiti

I trasferimenti sono cominciati la mattina del 6 marzo. Nella notte tra i 15 e il 16 febbraio un migrante senegalese di 28 anni era morto nell’ennesimo incendio scoppiato nella baraccopoli d

È cominciato lo sgombero della baraccopoli di San Ferdinando in Calabria,una delle più grandi in italia. L’area è stata militarizzata: sul posto ci sono 600 uomini tra forze dell’ordine, vigili del fuoco, personale medico, protezione civile eCaritas. Nella baraccopoli vivevano circa 900 persone, che saranno trasferite nei centri di accoglienza con 18 pullman. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha festeggiato lo sgombero:«Come promesso, dopo anni di chiacchiere degli altri, noi passiamo dalle parole ai fatti».


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Tre incendi in un anno

A metà febbraio nella baraccopoli è divampato un incendio, l’ennesimo: un migrante senegalese di 28 anni è morto, oltre 20 baracche sono state distrutte dalle fiamme. Ilministro dell’Interno aveva annunciato provvedimenti immediati.Secondo il Viminale, in passato imigranti hanno avuto l’opportunità di trasferirsinei centri Sprar (i posti disponibili erano 133), ma solo 8 avevano deciso di spostarsi.

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Il caporalato

La baraccopoli di San Ferdinando dista 6 km da Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, dove hanno sede oltre 5mila aziende agricole: imigranti che vivevano nelle baracche sono lavoratori sfruttati dai caporali nei campi dove si raccolgono arance e pomodori. In quella baraccopoli i migrantivivevano in condizioni disumane: solo nel 2018 sono morte tre persone in altrettanti incendi, tutte molto giovani.

Il 27 gennaio del 2018 Becky Moses, una ragazza nigeriana di 26 anni;il 2 dicembre 2018 Surawa Jaith, giovane gambiano di quasi 18 anni; a metà febbraioAl Ba Moussa, 28 anni. Lo sgombero è il terzo della gestione Salvini, dopo quello del Centro per richiedenti asilo di Mineo, a Catania e quello di Castelnuovo di Porto, vicino a Roma.

Le proteste dopo la morte di Soumalia Sacko

A giugno del 2018 un bracciante e attivista per i diritti dei lavoratori agricoli, Soumaila Sacko, maliano, 29 anni, era stato ucciso a colpi di fucile mentrecercavapezzi di lamiera nell’ex fornace “Tranquilla” di San Calogero. Il processo al presunto assassino è cominciato alla fine di dicembre. Due giorni dopo l’omicidio, l’intera baraccopoli si era ribellata.

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Aboubakar Soumahoro, amico e collegadi Sacko, era diventato il portavoce della rivolta al grido di«Prima gli sfruttati», ma anche il simbolo della protestadei migranti-lavoratori contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il suo slogan -«La pacchia è finita» – «ma per noi – dicevano i baraccianti- non è mai cominciata».

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