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Ammazzato a New York il boss Frank Calì. Era lui a mediare il ritorno dei “don” in Sicilia

14 Marzo 2019 - 10:22 Sara Menafra
L'omicidio in pieno stile mafioso è avvenuto questa notte a Staten Island: 6 colpi di pistola e il killer che prima di fuggire passa con l'auto sul corpo del moribondo

La mafia americana come la immaginiamo nei film e come – in parte – è davvero. La notte del 13 marzo, con un agguato chirurgico che ha colto l’Fbi di sorpresa è stato ucciso il boss della mafia di New York Francesco “Frank” Calì, 53enne considerato il rappresentante di maggiore spessore della famiglia siciliana dei Gambino. Per capirci, gli ultimi e più potenti eredi dei “don” siculo americani.

Calì è stato crivellato di colpi davanti a casa sua, a Staten Island. E’ morto in serata, a causa delle ferite riportate. I testimoni hanno raccontato di aver visto un uomo che l’ha aspettato di fronte casa, attorno alle 9 di sera e gli ha sparato sei colpi di pistola. Poi, il killer è salito su un auto blu ed è scappato passando sopra al corpo di Calì già ferito a morte.

Il boss

Ammazzato a New York il boss Frank Calì. Era lui a mediare il ritorno dei

Frank Calì

I media americani ora sottolineano che l’omicidio di Calì rompe una pax mafiosa che dura dal 1985: sono 35 anni che non viene ammazzato un boss per strada. Il dato è vero, ma Calì è un personaggio molto più vicino alla mafia di oggi di quanto si immagini.

Francesco Paolo Augusto Calì, che amici e sottoposti chiamavano Frank Calì o FrankieBoy, fino al 2008 era l’ambasciatore di Cosa nostra americana a Palermo, in un rapporto transoceanico che, come ha raccontato anche l’ultima relazione semestrale della Dna al parlamento italiano non si è mai interrotto (anzi, secondo quei dati ora è persino in crescita).

L'operazione Old Bridge

Poi, nel 2008, FrankieBoy diventa il protagonista principale della più grande operazione congiunta Dia-Fbi dai tempi di Pizza connection – l’indagine sulle connessioni di Cosa nostra in Usa condotta e voluta da Giovanni Falcone. L'inchiesta si chiama Old Bridge: 70 arresti tra Italia e America e 90 ordini di cattura.

Fino a quel momento di Frank Calì non ci sono immagini: è potente e temuto, fa la spola con la Sicilia e appoggia la riorganizzazione degli Inzerillo che vogliono riprendersi la città dopo l’arresto di Bernardo Provenzano e la successiva crisi dei corleonesi.

Anche i siciliani vanno spesso a New York per incontrarlo: l’operazione Old Bridge, coordinata per l’Italia dall’attuale procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dall’aggiunto Michele Prestipino, blocca questo tentativo di riorganizzazione.

La scarcerazione lampo

Dopo gli arresti di febbraio 2008, a giugno dello stesso anno FrankieBoy viene condannato e un anno dopo, in aprile, scarcerato. Una liberazione talmente rapida che alimenta, di certo, il sospetto che Calì abbia collaborato con l’Fbi.

L’altro punto da chiarire è quanto Calì sapesse della riorganizzazione dei boss americani che sarebbe in corso proprio in questi mesi: il piano è lo stesso di dieci anni fa. Dopo la caduta dei corleonesi e la lunga crisi che il ruolo del trapanese Matteo Messina Denaro non ha placato (di certo non a Palermo) i “Don” americani si vogliono riprendere la Sicilia.

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