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Carfagna: «Indegno del Parlamento chi ha tratto divertimento dai video hot di una collega»

Mara Carfagna
Mara Carfagna
Eletta per la prima volta a Montecitorio nel 2004, a lei si deve la legge sullo stalking. Punirebbe gli autori del revenge porn «con il carcere come in Inghilterra» e promette collaborazione con gli altri partiti su questo disegno di legge

È stata ministro delle Pari Opportunità nel governo Berlusconi e a lei si deve la legge sullo stalking del 2009, approvata quasi all’unanimità. Ora Mara Carfagna, vice-presidente della Camera, fa parte della delegazione parlamentare italiana che sta intervenendo all’Onu sul tema della parità di genere. Anche se la sua carriera era iniziata in tv, ora centellina le partecipazioni televisive. Ai talk show, preferisce l’agorà dei social network. Ma lei stessa fu vittima di minacce sul web nel 2013, dopo che prese posizione contro l’ipotesi, avanzata da alcuni parlamentari 5 Stelle, di oscurare Mediaset. E dalle prime denunce agli autori delle minacce, ha iniziato una battaglia quotidiana contro l’odio in rete per spingere – soprattutto le donne – a denunciare.

Lei sta partecipando alla 63esima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile. Questo pomeriggio incontrerà la presidente e una delegazione di Un-Women (ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile). Su cosa focalizzerà il suo discorso?

«Parlerò della situazione in Italia. Abbiamo buone norme, soprattutto per quanto riguarda la violenza di genere, ma vanno applicate con rigore e va messa in atto una rivoluzione culturale. Anche per questo in occasione del 25 novembre abbiamo lanciato la campagna social #Nonènormalechesianormale che ha avuto un enorme successo, oltre ogni previsione, arrivando anche oltreoceano. Racconterò come è nata la campagna ed i risultati che abbiamo ottenuto.È sempre un’emozione fortissima parlare all’Onu, un onore».

La rete non è lo specchio della società, ma spesso lì trovano voce i cosiddetti haters. C’è un problema culturale nel nostro Paese? Che ruolo ha la scuola in questo? E la televisione e i personaggi pubblici?

«Con #Nonènormalechesianormale abbiamo dimostrato che si può fare anche un uso positivo della rete, che troppo spesso è uno spazio privo di regole e soprattutto di remore.È da vigliacchi insultare e annientare una persona nascosti dietro una tastiera. Purtroppo è un fenomeno diffuso anche e soprattutto tra i più giovani, su cui può, e deve, intervenire anche la scuola. Misoginia e violenza vanno combattuti con ogni mezzo».

Il cosiddetto revenge porn non è un reato nel nostro Paese. Cosa si sente di dire a quelle persone che si ritrovano vittime di questo? Meglio non fidarsi mai ed evitare di fornire immagini così private a nessuno?

«Il revenge porn è una nuova frontiera della violenza contro le donne. Chi ne è vittima, per ingenuità, frode o imprudenza, deve denunciare, non può sperare che la situazione si sistemi da sola. Oggi i nostri dati personali sono protetti dal Testo Unico Leggi Privacy, dal relativo Garante e dalla Polizia Postale. È una tutela in continuo aggiornamento, ma non basta: le violazioni sono sfaccettate, si modificano, oggi dobbiamo fermare la viralizzazione. Va introdotto nell’ordinamento un reato specifico, collocato subito dopo quello di stalking».

Tutto il mondo politico ha espresso solidarietà alla deputata Giulia Sarti. Purtroppo però i quotidiani riferiscono (senza fare nomi) anche di parlamentari intenti a commentare quelle foto private in modo poco ortodosso. Che effetto le fa?

«Mi disgusta e mi sconvolge. È indegno di sedere in Parlamento chi abbia eventualmente tratto divertimento da quanto invece rappresenta uno ‘stupro virtuale’. Inoltre è urgente sapere che origine hanno queste foto, chi le ha diffuse e per quali motivi».

La commissione Giustizia del Senato ha avviato la discussione del disegno di legge presentato dal M5S contro il revenge porn. La politica riuscirà a essere davvero unita su questo tema?

«Farei come in Inghilterra dove questo reato è punito come uno stupro, con il carcere. Il riconoscimento legislativo è fondamentale per la tutela della vittima e la legge deve prevedere un supporto per chi vive un’invasione brutale della propria sessualità e intimità. Forza Italia ha presentato al Senato uno suo disegno di legge che prevede pene fino a sei anni. Comunque quando la proposta arriverà alla Camera mi atterrò al merito e non agli schieramenti, come ho sempre fatto quando un provvedimento riguarda la violenza».

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