Brexit: la Camera ha votato per rimandare l’uscita dall’Ue

L’emendamento promosso da conservatori e laburisti è passato alla camera con un maggioranza di un solo voto. Se sarà approvato dalla Camera dei Lord (scenario molto probabile), il Governo dovrà chiedere all’Unione europea di autorizzare un’estensione lunga: si parla di aprile 2020

Il parlamento britannico sembra essere d'accordo su una cosa soltanto per quanto riguarda la Brexit: la necessità di rimandarla. Nelle ultime settimane i deputati sono stati chiamati a votare sia sull'accordo di Theresa May (bocciato tre volte) sia su varie alternative all'uscita senza accordo. Ogni volta la risposta della Camera è stata «no»: no a un secondo referendum, no a un'unione doganale con l'Ue, no a un mercato comune.


Il voto della Camera

Finalmente ieri, a tarda notte, è arrivato un «sì»: con uno scarto di un solo voto (313 a favore, 312 contrari), l'emendamento dei coraggiosi deputati Yvette Cooper (Labour) e Sir Oliver Letwin (Conservatori) per un'estensione lunga della Brexit è stato approvato. I due adesso rischiano di passare alla storia come coloro che hanno rimandato la Brexit.


Adesso il Governo britannico dovrà chiedere all'Unione europea di accettare. Il 3 aprile il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker aveva respinto la richiesta di Theresa May per un'estensione parlamentare fino al 22 maggio, sostenendo che rischiava di mettere a repentaglio le elezioni europee e con esse l'Unione stessa. Juncker si era però mostrato disponibile a un rinvio più lungo («Non vogliamo cacciare il Regno Unito fuori dall'Unione europea», aveva detto).

Rinvio di nove mesi?

A Westminster si parla di un rinvio di nove mesi, per un'uscita il prossimo aprile 2020. Tempo sufficiente per negoziare un accordo alternativo e per tenere delle elezioni generali che probabilmente restituiranno una maggioranza differente. Ma anche tempo sufficiente per organizzare un secondo referendum e per partecipare alle elezioni europee, come probabilmente il Regno Unito sarà costretto a fare.

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A quale costo? Una campagna elettorale per le europee accompagnata, come probabilmente accadrà nel momento in cui l'Ue accettasse il rinvio, dalle dimissioni di Theresa May e da nuove elezioni, rischia di dividere il Paese ulteriormente. Le elezioni si trasformerebbero in un plebiscito sul referendum.

Quel che è sicuro è che il partito Conservatore – il partito politico con più successi nella storia moderna – non ne uscirebbe illeso. L'apertura di May nei confronti del leader laburista Jeremy Corbyn (i due si sono incontrati, prima del voto notturno, per ideare un piano alternativo) ha già seminato malcontento tra gli ultra-ortodossi della Brexit e i conservatori moderati capeggiati da May.

Brexit: la Camera ha votato per rimandare l'uscita dall'Ue foto 1

Ansa|Yvette Cooper, la deputata laburista che insieme a Sir Oliver Letwin ha proposto l'emendamento per un rinvio lungo della Brexit

Il Governo conservatore è a rischio

Il 3 aprile il ministro per la Brexit Chris Heaton-Harris si è dimesso. Secondo il Sun, altri 15 membri del governo, compresi 5 ministri, sarebbero pronti a dimettersi nel momento in cui la premier chiedesse un lungo rinvio. Il partito è in piena ribellione: le dimissioni di un altro deputato, Nick Boles, sono state accompagnate da accuse pesanti nei confronti del capo di comunicazione della May, Robbie Gibb: «È un hard brexiteer e vuole affossare ogni tentativo da parte di Theresa May di cercare un compromesso con i laburisti». Ma ormai è troppo tardi.

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