Processo Ruby bis: Fede non deve andare in carcere

Dopo che la corte di Cassazione aveva respinto i ricorsi degli avvocati difensori e la sentenza definitiva, la procura generale di Milano accoglie l’istanza della difesa in vista della richiesta dei domiciliari

Emilio Fede non deve andare in carcere a scontare la condanna definitiva a 4 anni e 7 mesi per il caso Ruby bis. Lo ha deciso la Procura generale di Milano accogliendo l’istanza di differimento della pena presentata dal legale Salvatore Pino, in vista di una richiesta di detenzione domiciliare.


Ieri11 aprile l’ex direttore del Tg4 era stato condannato a quattro anni e 7 mesi a Emilio Fede; 2 anni e 10 mesi invece per Nicole Minetti, ex consigliere lombarda e igienista dentale di Silvio Berlusconi. La corte di Cassazione avevaconfermato le condanne d’appello per i due imputati del cosiddetto processo Ruby bis, accusati di favoreggiamento della prostituzione per le ormai celebri “cene eleganti” nella residenza di Berlusconi di Arcore. Emilio Fede era accusato – ed è stato condannato – anche per il reato di induzione alla prostituzione.


Fede è stato condannato a una pena superiore ai 4 anni, ma avendo 87 anni ha avuto la possibilità dirichiedere prima i domiciliari e poi in seguito l’affidamento in prova ai servizi sociali, che potrebbero scattare subito, invece, per Nicole Minetti, che ha ricevuto una condanna più bassa.Gli avvocati dell’ex consigliera regionale hanno annunciato che faranno “ricorso” alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Si conclude così la lunga vicenda giudiziaria del processo Ruby bis, una costola del primo processo Ruby, che aveva come principale imputato Silvio Berlusconi, poi assolto in via definitiva. Le accuse a Berlusconi erano due: la prima, di aver avuto rapporti sessuali a pagamento con Karima El Marough, alias Ruby Rubacuori, pur sapendo che fosseminorenne.

La secondadi aver fatto pressioni sulla Questura di Milano – dove Ruby era stata portata perché accusata di furto- per indurre la polizia a darla in custodia a Nicole Minetti, anziché a una comunità per minori. All’epoca Berlusconi era il presidente del Consiglio. Nella telefonata alla Questura, disse di aver saputo che Ruby era la nipote del presidente egiziano Moubarak.

Da quel processo, era emerso il ruolo di Nicole Minetti,Emilio Fede e Lele Mora (che ha rinunciato a fare ricorso contro la condannna di primo grado)nel reclutamento delle ragazze invitate alle cene di Arcore. I tre furono condannati in primo grado a luglio del 2013. Il processo d’appello è stato celebrato due volte, perché i giudici della Cassazione avevano accolto i ricorsi degli avvocati contro la sentenza di secondo grado. Oggi, 11 aprile, è arrivata la sentenza definitiva.

Dai due processi Ruby è nata anche una terza costola, il Ruby Ter, in cui Silvio Berlusconi è imputato, insieme ad altri, per il reato di corruzione in atti giudiziari: è accusatodi aver pagato le ragazze ospiti di Arcore per indurle a mentire nel Ruby I e nel Ruby bis. Recentemente si è tornati a parlare di questo processo per la morte di una delle testimoni dell’accusa, la modella marocchina Imane Fadil, morta a marzo in circostanze sospette all’ospedale Humanitas di Milano.

Fadil aveva denunciato di aver ricevuto proposte indecenti ad Arcore:«Le cose che ho raccontato, il Bunga Bunga, Emilio Fede, la Minetti, le ragazze nude che ballavano, è tutta la verità», dissein un’intervista al Fatto Quotidiano. Durante la sua arringa finale, il procuratore generale della Cassazione ha dichiarato che la sua testimonianza è «pienamente attendibile».

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