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Usa-Ue divisi sul petrolio iraniano. Cosa possiamo aspettarci

Dal 2 maggio prossimo gli Usa non rinnoveranno le esenzioni semestrali concesse a otto Paesi, tra cui l'Italia per l'importazione di petrolio dall'Iran. La Commissione europea fa sapere che l'Europa continuerà a rispettare l'accordo sul nucleare voluto da Obama e scartato da Trump. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha criticato la decisione, dicendo che la cooperazione tra Cina e Iran è «ragionevole e legittima»

Prima la decisione di uscire dal trattato sul nucleare con l’Iran, concordato nel 2015 dall’amministrazione di Barack Obama in cui in cambio di aiuti economici l’Iran si impegnava a sviluppare il nucleare soltanto per fini civili e non più militari e ridurre le sue scorte di uranio arricchito. Poi la decisione di classificare i pasdaran iraniani come gruppo terroristico. Infine l’annuncio, arrivato lunedì 22 aprile, di non prorogare ulteriormente le esenzioni alle sanzioni per i Paesi compratori di petrolio iraniano, tra cui c’è anche l’Italia. Continua l’opera di chiusura diplomatica da parte degli Stati Uniti nei confronti del sempre più nemico Iran, accusato di giocare sporco non soltanto sul nucleare ma anche sulla scacchiera geopolitica del Medio Oriente, dal Libano allo Yemen. 

Le motivazioni

Da quando Donald Trump è approdato alla Casa Bianca ha cercato più volte di smantellare le politiche di Barack Obama sia in ambito di politica interna – vedi per esempio il tentativo di rivedere Obamacare, il pacchetto di misure in ambito di assistenza sanitaria  – sia sul fronte di politica estera, partendo proprio dal ritiro di truppe americane dall’Iraq e dall’Afghanistan e dall’accordo sul nucleare con l’Iran. 

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Ma il fine ultimo non è soltanto quello di mostrare discontinuità da Obama, ma anche di provocare l’Iran eliminando gli incentivi dell’Iran per rimanere a far parte dell’accordo. Come spiega Annalisa Perteghella, ricercatrice presso l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) ed esperta di Iran, «l’obiettivo è quello di riportare l’Iran al tavolo negoziale, costringerlo con la forza dell’isolamento economico. Per negoziare un nuovo accordo, che non riguarda soltanto il nucleare, ma una serie di cose: dallo sviluppo dei missili balistici al sostegno di poteri regionali come Hezbollah in Libano e gli Huthi in Yemen». 

Una strategia che però potrebbe non funzionare o addirittura ritorcersi contro gli Stati Uniti, come sta accadendo con il dittatore nordcoreano Kim Jong-Un, finito nelle braccia di Vladimir Putin dopo i negoziati falliti con Trump in Vietnam a febbraio. «L’Iran non è certo un Paese che si può piegare a questa tecnica coercitiva e perdere la faccia – spiega Perteghella-. Inoltre, non avrebbe senso visto che l’accordo sul nucleare è ancora in vigore e sta funzionando. Russia, Cina e vari Paesi europei rimangono parte dell’accordo. La strategia dell’Iran non può essere che aspettare che finisca il mandato di Trump, che sia un anno o cinque.»

Ricadute economiche 

Il ministro degli esteri Iraniano ha parlato di «terrorismo economico». Il presidente della Commissione per la sicurezza nazionale iraniano ha rassicurato che la produzione petrolifera non scenderà al di sotto di 1 milione di barili al giorno, lontano comunque dai picchi di circa 2,7 milioni, ma in linea con il livello di produzione attuale. Nel frattempo aumentano i prezzi globali del petrolio, saliti attorno ai 73 dollari al barile.

Per l’Italia nel breve termine, salvo cambiamenti improvvisi, le ricadute economiche non dovrebbero essere gravi. Il Paese non importa più petrolio dall’Iran da quando gli Usa hanno annunciato nuove sanzioni nel novembre del 2018. Come spiega Davide Tabarelli, co-fondatore del pensatoio NE Nomisma Energia, «le ricadute immediate le abbiamo già avute, perché i prezzi della benzina sono già in aumento a causa dei conflitti in Libia e in Venezuela. Salgono i prezzi delle commodity energetiche, il che potrebbe portare a un leggero aumento delle bollette». 

«Anche Trump dovrà fare i conti con questo aumento – aggiunge il Professore. – Il motivo per cui Trump aveva concesso delle esenzioni era proprio per evitare degli aumenti, anche visto il periodo delicato in cui le ha annunciate, un mese in cui negli Stati Uniti si preparavano alle elezioni mid-term. Donald Trump confida nel fatto che possa venirgli in aiuto l’Arabia saudita, cosa che però non è scontata». 

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