Nuovo rapporto Onu, un milione di specie animali e vegetali a rischio estinzione

di OPEN

L’uomo sta accelerando l’estinzione e alterando la natura a un ritmo senza precedenti

Un ottavo delle piante e degli animali presenti sul nostro pianeta è a rischio di estinzione. Si tratta di un milione di specie tra cielo, terra e abissi marini. Esseri viventi che nel giro di pochi anni potrebbero sparire per sempre. Lo rivela un report dell’Onu presentato oggi (6 maggio) a Parigi dalla Piattaforma intergovernativa scientifica e politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (Ipbes).


Si tratta di un allarme che – negli negli intenti dell’Onu – deve spingere il suo pubblico non alla rassegnazione bensì all’azione. Stando al rapporto, siamo ancora in tempo per fermare questa estinzione ma è necessario mettere immediatamente fine al sovrasfruttamento della natura.


L’Ipbes, la commissione delle Nazioni Unite che si occupa di biodiversità, spiega anche come farlo. I rappresentanti di 110 Paesi hanno scritto un «Riassunto per i decisori» di una quarantina di pagine, basato su un rapporto di 1.700, redatto in tre anni da varie centinaia di esperti. Il documento finale riunisce quindi l’analisi scientifica e il progetto politico.

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Il panel IPBES

«Stiamo erodendo i fondamenti stessi delle nostre economie, i nostri mezzi di sussistenza, la nostra sicurezza alimentare, la salute e la qualità della vita del mondo intero» ha affermato Robert Watson, presidente di Ipbes, «Non è troppo tardi per agire, ma solo se iniziamo a farlo ora, a tutti i livelli, da quello locale a quello mondiale». 

I numeri

Il tasso di estinzione delle specie è infatti almeno decine o centinaia di volte superiore quello che è stato di media negli ultimi 10 milioni di anni. Il 37% delle conifere è a rischio estinzione, così come il 25% dei mammiferi, il 39% dei mammiferi marini, il 41% degli anfibi, il 19% dei rettili, il 13% degli uccelli, il 7% dei pesci, il 31% degli squali, il 27% dei crostacei. Quanto agli insetti, solo il 10% è a rischio estinzione.

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Diego Noguera |I membri di IPBES

Le cause 

  • Il 30% dell’impatto è dovuto al cambiamento dell’utilizzo del territorio, i cui principali fattori sono la deforestazione, il pascolo estensivo, l’attività mineraria, le piantagioni di palme da olio, il tessuto stradale, l’espansione urbana;
  • Il 23% è attribuibile allo sfruttamento umano dei materiali come caccia, pesca, estrazione di legname;
  • Responsabile per il 14% è il cambiamento climatico, un rischio che i ricercatori definiscono «in crescita»;
  • Sempre al 14% troviamo tutte le forme di inquinamento: dell’acqua, dell’aria, del suolo, determinati da rifiuti, plastiche, emissioni;
  • Le specie invasive, la cui diffusione è sollecitata dal commercio mondiale.

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Le conseguenze 

Secondo Sandra Diaz, che ha co-presieduto la valutazione dell’Ipbes, queste specie formano la più importante «rete di sicurezza» per la sopravvivenza dell’umanità, «ma questa rete è stata tesa fino ad arrivare a un punto di rottura», ha affermato l’esperta.

  • Più di due miliardi di persone dipendono oggi dal legno per i loro bisogni energetici e più di quattro miliardi usano medicine che dipendono da elementi naturali; 
  • Più del 75% delle colture alimentari dipendono dall’impollinamento;
  • Gli oceani, i suoli e le foreste assorbono il 60% delle emissioni di gas a effetto serra di origine umana;
  • Gli ecosistemi garantiscono la qualità dell’aria, dell’acqua, delle terre;
  • A queste funzioni naturali se ne aggiungono altre, più difficili da quantificare, come il fatto che la natura è un’immensa fonte di ispirazione, nonché di identità.

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Cosa fare

Gli esperti hanno valutato diversi scenari per il 2050, incrociando fattori socio-economici e climatici, ma la conclusione comune è che il cambiamento dev’essere rapido e profondo. Sarà necessario, secondo gli esperti, ridurre la pressione sulle terre per soddisfare i bisogni energetici e alimentari, in particolare per quello che riguarda le proteine animali. La crescita demografica dovrebbe essere «debole o moderata» e il cambiamento climatico dev’essere mitigato.

La parte conclusiva del rapporto, quella che suggerisce i cambiamenti da operare, resta un poco più vaga. L’Ipbes promuove la necessità di operare «Riforme fondamentali dei sistemi finanziari e economici mondiali» per un’economia più sostenibile. Il rapporto sottolinea la nocività delle sovvenzioni alle aziende che si occupano di pesca, agricoltura intensiva, allevamento di bestiame, sfruttamento forestale, estrazione di minerali e combustibili fossili.

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