Singapore vieta la diffusione di «notizie false»

Sembra una buona notizia, ma forse non lo è. Chi decide quali notizie sono false e quali no? Secondo la nuova legge contro le fake news approvata a Singapore questo compito spetterebbe al Governo, con potenziali ricadute negative sulla libertà di stampa

In Occidente il problema di contrastare la diffusione di fake news non è certo una novità. Ma, fatta eccezione per qualche proposta, poi scartata, dai nostri legislatori, nessuno pensa di vietare le notizie false con azioni governative, in ragione della tutela dei diritti civili. Quel che invece si sta facendo è sensibilizzare i grandi Social media come Facebook e Google ad autoregolamentarsi, premiando le notizie che vengono riconosciute da esperti come oggettivamente corrette, penalizzando quelle che non riportano fonti attendibili. A Singapore invece sembra essere passata una linea più radicale e non priva di insidie. Mark Zastrow su Nature fa eco alle proteste dei ricercatori e delle associazioni per la difesa dei diritti civili, molto preoccupate all’idea che un Governo possa essere arbitro di cosa vada considerato pubblicabile e cosa no.


In cosa consiste la legge approvata a Singapore

La «Protection from Online Falsehoods and Manipulation Bill» (legge sui falsi e sulla manipolazione online) è stata approvata l’otto maggio dal parlamento di Singapore. Prevede pene molto severe per chi pubblica notizie false che potrebbero «danneggiare l’interesse pubblico». Chi venisse riconosciuto colpevole rischierebbe fino a 10 anni di carcere, con multe per gli editori fino a un milione di dollari. Una lettera firmata da 125 accademici da tutto il Mondo lo scorso 11 aprile, non è bastata a far cambiare idea ai legislatori della città-stato del Sud-Est asiatico. Gli scienziati facevano notare che era poco chiaro come riconoscere le «notizie false», in ragione di un non meglio precisato «interesse pubblico» quando si parla di interpretazione dei dati. La Scienza infatti non pretende mai di presentare «certezze assolute». 


Le preoccupazioni di Anonymous

Se poi un Governo si trova a dover essere arbitro di cosa è falso e cosa no, entrano in gioco altri problemi legati alla libertà di stampa e dissenso. Il tema è caro anche alla comunità degli hacker di Anonymous che ha dedicato un articolo sulla legge anti-fake news. Secondo la nuova norma qualsiasi ministro potrà imporre agli admin dei siti e delle chat la rimozione di contenuti ritenuti «falsi». Anche i colossi del Web come Facebook e Twitter potrebbero essere oggetto di questa legge. Cosa rientri in questa fattispecie è difficile da comprendere; abbiamo un riferimento piuttosto vago leggendo l’articolo 2: «Una dichiarazione può essere ritenuta falsa se è errata o fuorviante, in tutto o in parte, da sola o nel contesto in cui appare». Così persino un refuso potrebbe mettere nei guai un autore o un semplice utente. Non sono mancate le rassicurazioni del Governo, spiegando che la legge non riguarderà «opinioni, critiche, satira o parodie». 

La condanna di Amnesty International

Torniamo quindi al problema a monte: come stabiliamo con certezza cosa è satira e cosa una notizia falsa o fuorviante? Se lo deve essere chiesto anche Nicholas Bequelin, direttore regionale di Amnesty International per l’Asia orientale, il quale lamenta l’eccessivo potere di cui il Governo potrebbe servirsi per zittire gli oppositori: 

Criminalizza la libertà di parola e consente al Governo un potere pressoché illimitato di censurare il dissenso, mentre non fornisce nemmeno una definizione reale di ciò che è vero o falso o, ancor più preoccupante, di “fuorviante”.