Bimbo muore per un’otite «curata» con l’omeopatia. È giusto condannare i genitori?

Dopo la condanna dei due genitori che provarono a curare il proprio figlio con l’omeopatia, si apre il caso: quali sono i limiti della responsabilità genitoriale? Lo abbiamo chiesto al procuratore Ciro Cascone

Era il 2017 quando, a Pesaro, due genitori scelsero di trattare l’otite del figlio ricorrendo all’omeopatia. Il bambino si aggravò, morendo a soli 7 anni, alla fine di un percorso di medicina alternativa approvato – e forse suggerito – dallo stesso medico curante. Due anni dopo, la coppia è stata condannata a tre mesi di carcere, con pena sospesa, per omicidio colposo aggravato. Il medico viene rinviato a giudizio.


Al di là dello stretto caso di cronaca, del quale non sono ancora note le motivazioni depositate dal gup di Ancona Paola Moscaroli, qualche domanda sorge spontanea: quali sono i doveri imposti dalla responsabilità genitoriale, che spesso agisce in buona fede? E quando è lecito sfociare nel giudizio penale? «La buona fede può starci fino a un certo punto», ha spiegato a Open Ciro Cascone, procuratore del Tribunale dei minorenni di Milano. «Molto spesso è un problema di fanatismo. Un problema che lo Stato non sempre sa arginare».


È giusto condannare persone che, magari in buona fede, ricorrono all’omeopatia per curare i propri figli?

«Nella vicenda specifica non so cosa sia successo esattamente. In generale, posso dire che quando abbiamo a che fare con i minori, ogni genitore ha una responsabilità genitoriale, cioè l’obbligo di tutelare il benessere del figlio.

Ora, se abbiamo una patologia banale nel bambino, come può essere l’otite, o una molto più seria, dal genitore si pretende un comportamento adeguato. E si pretende, cioè, che in primis si rivolga a un medico. Per quanto ne so, l’omeopatia non è un metodo validato dalla comunità scientifica internazionale.

Temo che in molti casi assistiamo a forme che non avrei problemi a definire di fanatismo ideologico, come nel caso della fiducia cieca nel rifiutare le medicine, senza reale fondamento conoscitivo. E così si finisce per affidarsi, più che a dei medici, a dei veri e proprio “stregoni”».

Più in generale, quale discorso si può fare su questo tipo di scelte genitoriali “alternative”?

«Oramai hanno tutti dei rudimenti medici, sia pur solamente per la banale frequentazione di un pediatra. L’otite è una patologia che si cura facilmente e rapidamente: se davanti alla scelta di utilizzare gli strumenti fisiologici della medicina, il genitore decide di rifiutarsi, allora si ha una responsabilità reale.

Perché che la persona voglia curarsi così per sé, è liberissima di farlo. Ma se si ha una responsabilità genitoriale, abbiamo il dovere di pretendere che le cose vadano fatte come si deve».

Nel Regno Unito l’omeopatia è considerata una bad medicine, una cattiva pratica medica. Esiste, in Italia, una questione penale in riferimento all’uso dell’omeopatia?

«In Italia c’è una situazione un po’ contraddittoria, perché in qualche modo l’omeopatia è riconosciuta. Questi “farmaci” si vendono in farmacia e hanno bisogno normalmente di ricetta medica. Oltretutto, l’omeopata è formalmente un medico a tutti gli effetti, che prima ha studiato medicina e solo dopo ha abbracciato la pratica alternativa.

I farmaci omeopatici sono riconosciuti dallo Stato. Eppure, a fronte di tutto questo, non c’è un riconoscimento della comunità scientifica internazionale. Il che significa che ci si affida sempre un po’ alla buona sorte nel seguire queste terapie. Quando lo si sceglie per un minorenne, è chiaro che il genitore è convinto in buona fede di stare ad aiutare il proprio figlio.

Quindi, più che sulla buona fede, è sulla mancanza di buon senso che si fonda la responsabilità penale. Sappiamo tutti che è obbligatorio avere un pediatra: se, nonostante tutto, mi rivolgo a uno stregone… allora c’è qualche problema di fanatismo. Se io costruisco una casa mi rivolgo a un architetto o a un ingegnere, non certo al primo che passa. Altrimenti buttiamo in mare tutti i progressi fatti fin ora».

Oggi siamo circondati da fake news ed è sempre più difficile districarsi tra ciò che è vero e ciò che è falso, soprattutto se, come dice lei, i “farmaci” omeopatici sono trattati formalmente come farmaci veri e propri. Come se ne esce?

«È sicuramente una contraddizione. Ecco perché va ricostruito il caso specifico, e andare a capire qual è stato il peso del medico. Se era davvero un medico riconosciuto, se è stato categorico nell’indirizzare i genitori o se aveva solo suggerito una strada alternativa».

Le sono capitati casi del genere in passato?

«Così nello specifico non mi risultano tanti casi di genitori che vengono condannati per cure sbagliate, anche perché non si arriva praticamente mai alla condizione di morte del bambino. Se andiamo a fondo, è possibile che sia configuarbile una responsabilità per omissione.

Poi capitano casi simili. Senza neanche scomodare i no-vax, è successo varie volte che un genitore avesse un comportamento non adeguato nel curare il figlio. Penso ad esempio a chi rifiuta le trasfusioni: di solito si chiede un provvedimento restrittivo limitativo, con il solo riferimento alle scelte terapeutiche, che vengono affidate ad autorità terze di competenza».

La condanna di tre mesi a pena sospesa per i genitori è simbolica. Ma cosa succederà ora? Potranno davvero andare in carcere?

«Normalmente non si va in carcere con tre mesi. Ma il punto comunque non è quello. Quello che conta è il messaggio che è stato dato con questa sentenza: le scelte ordinarie in ambito medico, che tutti i genitori fanno quotidianamente, sono state rifiutate in maniera testarda e ideologica. E questa non può passare come una buona pratica.

Poi bisogna vedere molte cose. Se la situazione è peggiorata per una colpa medica è un conto. Se il genitore era consapevole del fatto che l’omeopatia fosse una scelta non valida, allora il discorso si fa serio. Nel caso specifico, colpisce che fosse una banale otite. Di solito si ricorre al rimedi alternativi in casi estremi, dopo aver tentato di tutto, per dare speranza dove la medicina tradizionale non riesce ad arrivare. Ma quale ragione di rivolgersi all’omeopatia per un’otite?».

Leggi anche: