Un ponte per unire i nervi sani. Come funziona l’intervento che ha ridato le mani a un tetraplegico – L’intervista

Un tetraplegico potrà recuperare l’uso delle mani, grazie a una nuova tecnica che bypassa i nervi

In un comunicato stampa l’Ospedale Cto di Torino (Città della Salute e della Scienza), comunica l’esecuzione con successo di un’operazione innovativa che potrebbe permettere a un paziente tetraplegico di tornare a usare le mani. Questo però, come vedremo, è un risultato che non può essere dato per scontato.


Per la prima volta in Italia viene adottata una tecnica chirurgica «innovativa e rivoluzionaria»: consiste infatti nel bypassare la parte di midollo spinale lesionato, con una sorta di ponte di nervi trapiantati.


Come è avvenuta l’operazione

«La chirurgia della mano tetraplegica tradizionale che utilizzava trasferimenti di tendini – spiega il comunicato stampa – era impiegata già da diversi anni ma consentiva solamente un parziale recupero della funzione motoria, mentre questa tecnica innovativa permette di reinnervare interi distretti muscolari non altrimenti recuperabili con la chirurgia classica».

Il paziente, un ex pasticciere di 52 anni, aveva avuto un incidente stradale che gli aveva procurato una lesione midollare completa a livello cervicale. Le conseguenze del trauma sono state la perdita dell’uso degli arti inferiori. Mentre le mani non riuscivano più ad afferrare saldamente gli oggetti.

Dopo sei mesi dal trauma un team composto dal professor Diego Garbossa e dai dottori Bruno Battiston, Paolo Titolo e Andrea Lavorato, hanno messo in atto l’operazione chirurgica durata tre ore e mezza per ogni arto superiore. 

Credit: Ospedale Cto di Torino/Schema del bypass con nervi di donatori sani.

Il recupero dovrebbe essere graduale

Il paziente non ha ancora recuperato del tutto l’uso delle mani. Ora necessiterà di trattamenti fisioterapici avanzati, in modo da poter avere un recupero graduale. Tutto questo è stato possibile unendo diverse competenze, dall’ortopedia alla traumatologia, passando per la chirurgia della mano.

In cosa consiste l’innovazione italiana

«Si tratta di un’idea del neurochirurgo brasiliano Bertelli – spiega Battiston a Open – il quale l’ha applicata in maniera non sistematizzata. Questa invece è la prima volta in Italia e a livello internazionale che in un lavoro di équipe si esegue un programma chirurgico contemporaneamente su due arti; non più quindi una tecnica sporadica come descritta dal collega brasiliano, che speriamo porti a una nuova strada per il trattamento di questi pazienti». 

In diversi titoli che riportano la notizia si è semplificato parecchio, raccontando la storia di un paziente che sarebbe tornato a usare le mani, mentre il percorso è ancora lungo e per certi versi incerto.

«Non bisogna scrivere cose che creano false illusioni – prosegue Battiston – il paziente non muove nessuno dei quattro arti. Il nervo che noi abbiamo staccato da un muscolo, per attaccarlo ai nervi dei muscoli che non funzionano, deve però ricrescere, quindi non è una tecnica che permette al paziente di muoversi già dal giorno dopo. Occorre re-innervare questi muscoli attraverso un percorso fisioterapico».

Alla fine di questo percorso avremo di sicuro un pieno recupero? «Non lo sappiamo, questa è una tecnica che non abbiamo inventato noi: usata per altre lesioni dei nervi periferici ha già dato il 70-80% di buoni recuperi. Nel caso del paziente da noi operato non abbiamo la certezza, ma ci sono buone possibilità che vi sia in futuro un recupero funzionale delle mani».

In molti si saranno chiesti come mai questa tecnica sia stata applicata «solo» agli arti superiori, trascurando quelli inferiori, ma non è possibile paragonarli assieme, svolgono infatti funzioni diverse, oltre a dover rispondere a differenti sollecitazioni da parte del resto del corpo.

«Gli arti inferiori devono reggere un paziente in piedi – conferma Battiston – con masse muscolari gigantesche – come glutei e quadricipiti – quindi è molto difficile spostando solo un nervo ottenere il recupero funzionale di tutto un arto inferiore.

«Il professor Brunelli, mio grande maestro – ricorda Battiston – è stato candidato al premio Nobel per aver tentato questa strada su pochissimi pazienti, con risultati che hanno permesso loro appena di stare in piedi. Insomma, ci sono ancora in corso grossi dubbi sulla possibilità di applicare questa tecnica agli arti inferiori».

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