Morì di leucemia rifiutando la chemio: condannati a due anni i genitori che l’avrebbero manipolata

Per i giudici la famiglia avrebbe condizionato psicologicamente la giovane nella scelta che le è stata fatale

Il tribunale di Padova ha condannato a due anni ciascuno Lino e Rita Bottaro, i genitori di Eleonora, la minorenne che tra il 2015 e il 2016 si era ammalata di una grave forma di leucemia e che aveva deciso di non curarsi con la chemioterapia. La ragazza aveva accolto le teorie dei genitori che sposavano il metodo Hamer, secondo cui il tumore sarebbe il frutto di un conflitto psichico: un insieme di teorie che, come chiarisce l’Associazione Italiana per la lotta contro il cancro, non sono mai state sottoposte a una sperimentazione scientifica seria.


La giovane si era quindi curata soltanto con vitamine e cortisone ed era deceduta dopo pochi mesi. E’ molto probabile, secondo il parere dei medici, che se si fosse sottoposta alla chemioterapia Eleonora sarebbe sopravvissuta. Proprio la prevedibilità dell’evento, cioè l’evidenza scientifica che senza le adeguate cure la ragazza sarebbe morta, ha portato la procuratrice Valeria Sanzari a indagare i coniugi Bottaro con l’accusa di omicidio colposo: secondo la pm, la ragazza non avrebbe preso la sua decisione in libertà, ma condizionata dalla iperprotezione dei genitori che l’avrebbero in qualche modo “plagiata”.


Al termine dell’udienza conclusasi con la condanna, Rita Bottaro ha commentato: «Credo nella giustizia divina, non ho sbagliato nulla, rifarei tutto quello che ho fatto, solo Dio sa quanto ha sofferto mia figlia».

L’iter giudiziario

L’iter giudiziario è iniziata qualche settimana dopo la morte della ragazza, avvenuta il 29 agosto del 2016, una settimana dopo il compimento dei suoi 18 anni. La procuratrice aggiunta Valeria Sanzari aveva iscritto subito i genitori, come detto, nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo con l’aggravante della prevedibilità degli eventi.

Dopo l’udienza preliminare, nel 2017, il gup Mariella Fino aveva pronunciato una sentenza di non luogo a procedere nei confronti dei due genitori con la formula «il fatto non costituisce reato». Secondo il giudice, Eleonora, nonostante la minore età, era una giovane adulta in grado di decidere la sua cura autonomamente. Inoltre i Bottaro, (residenti a Bagnoli, nella Bassa Padovana), aveva sostenuto sempre il Gup, erano in buona fede: avevano cioè scelto un percorso culturale autonomo, non condiviso dalla scienza, certo, ma determinato dalla libertà di pensiero che tutela la Costituzione.

Sanzari ha presentato ricorso contro questa decisione e la Corte d’Appello ha sposato la linea della procura. Nel rimandare il procedimento in primo grado, i giudici lagunari sono stati particolarmente duri. «Il comportamento degli indagati – aveva scritto il presidente della sezione del secondo grado Alessandro Apostoli Cappello – appare essere stato diretto a una continua manipolazione della volontà di Eleonora mediante un’opera di filtro, censura e denigrazione di ogni approccio diagnostico e terapeutico che non corrispondesse alle loro preconcette idee in base a quel continuo atteggiamento di non sapere ascoltare e abbarbicarsi alle loro illusioni».

Contro queste parole l’avvocato difensore dei Bottaro, Raffaella Giacomin, si era opposta con un ricorso in Cassazione, che era stato respinto: il processo, pertanto, ha avuto inizio lo scorso ottobre. Nel corso delle udienze sono stati sentiti i medici che avevano in cura la ragazza, che hanno raccontato la difficoltà continua nel riuscire a parlare da soli con la giovane malata, data l’ingerenza dei genitori.

Sentito dal pm e sempre presente alle udienze, anche il professor Paolo Benciolini, medico legale che è stato tutore di Eleonora per qualche mese prima della sua morte. A lui il tribunale dei minori aveva affidato il compito di prendersi carico della cura della giovane, ma la ragazza ha continuato a opporsi, fino a quando il suo stato di salute è stato definitivamente compromesso.

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