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Quanti migranti sono arrivati davvero in Italia grazie all’operazione Sophia?

10 Luglio 2019 - 10:53 Agi
Per Giorgia Meloni «con la missione Sophia le navi militari trasportavano direttamente i clandestini in Italia». È vero o no? E in cosa consisteva l'operazione della Ue? Pagella politica dell'agenzia stampa Agi ha controllato

La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, il 9 luglio sulla propria pagina Facebook ha scritto: « Con la missione Sophia, per volontà dei Governi Pd, le navi militari di tutta Europa non contrastavano l’immigrazione illegale o le attività delle Ong, ma trasportavano direttamente loro i clandestini in Italia». L’affermazione è sostanzialmente errata.

La missione Sophia

Per prima cosa vediamo cosa fosse la missione Sophia.

Chiamata anche European Union Naval Force in the South Central Mediterranean(Eunavfor Med) questa, spiega il Ministero della Difesa, è “la prima operazione militare di sicurezza marittima europea che opera nel Mediterraneo centrale”.

È un’operazione dell’Unione europea (con avallo dell’Onu), nata nel 2015, a cui partecipano 26 Stati su 28 (tutti tranne Slovacchia e Danimarca). Il comando dell’operazione è dell’Italia.

Pur essendo formalmente ancora in vita (almeno fino a fine settembre 2019), questa operazione è nei fatti morta dopo che il ministro Salvini ha imposto la sua linea dura sui migranti. Sono successivamente emerse le critiche di altri Paesi europei e si è deciso quindi di rinnovare l’operazione, ma senza schierarne i mezzi navali.

Ma qual era lo scopo della missione Sophia quando era ancora operativa?

«Il mandato principale» dell’operazione, chiarisce ancora la Difesa, «è quello di adottare misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso le imbarcazioni ed i mezzi usati o sospettati di essere usati dai trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo Centrale».

A questo mandato principale, nel corso degli anni, si sono poi affiancati altri diversi compiti.A giugno 2016 la Commissione europea ha stabilito che l’operazione Sophia si occupasse anche dell’addestramento della Guardia Costiera e della Marina libica e contribuisse all’embargo delle armi da e per la Libia.

A luglio 2017 il Consiglio Europeo ha aggiunto altri tre compiti integrativi: istituire un meccanismo di controllo del personale in formazione per assicurare l’efficienza a lungo termine della formazione della Guardia Costiera e della Marina libica; svolgere nuove attività di sorveglianza e raccogliere informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia; migliorare le possibilità per lo scambio di informazioni sulla tratta di esseri umani con le agenzie di polizia degli Stati membri, Frontex ed Europol.

Una prima considerazione

Come è evidente da quanto appena visto, il mandato dell’operazione Sophia non era – come ha affermato Meloni – trasportare i migranti in Italia (il termine «clandestini», come abbiamo visto in passato, è scorretto e da evitare). Anzi. Aveva, come mandato principale, proprio il contrasto dell’immigrazione illegale.

Non aveva però, come ha dichiarato Meloni, lo scopo di contrastare l’attività delle Ong, anche perché – come avevamo verificato a febbraio – non sono mai emerse nel corso delle indagini che hanno coinvolto le organizzazioni umanitarie legami coi trafficanti e gli scafisti.

Ma allora perché dalle navi impiegate nell’operazione Sophia sbarcavano i migranti, salvati nel Mar Mediterraneo, in Italia?

I migranti salvati in mare e portati in Italia

In base al diritto internazionale del mare quando una nave soccorre dei naufraghi ha l’obbligo di portarli nel porto sicuro più vicino. Le navi coinvolte nell’operazione Sophia si muovevano in un’area operativa che si sovrapponeva all’area Sar (Search and rescue, cioè l’area di competenza per i salvataggi in mare) della Libia, dell’Italia e in parte di Malta.

I migranti venivano comunque tutti portati in Italia, come emerso da una dichiarazione del 2017 (min. 50) dell’ex ministro degli Esteri Emma Bonino che aveva suscitato molto clamore, non solo perché a Roma era situato il comando dell’operazione, ma anche perché era in sostanza l’unica meta possibile.

La Libia si trova in uno stato di guerra civile da anni e non è considerabile un porto sicuro, come riconosciuto anche dal ministro degli Esteri del governo Conte, Moavero Milanesi.

Malta è un’isola che ha una superficie circa mille volte inferiore rispetto a quella dell’Italia e avrebbe quindi potuto materialmente accogliere un numero molto limitato di migranti. Con l’operazione Sophia si può quindi dire che, al massimo, l’Italia si sia fatta carico di una piccola quantità di migranti che sarebbero dovuti andare a Malta, ma niente di più.

I migranti salvati al di fuori della rotta centrale del Mediterraneo, dove insisteva appunto l’operazione Sophia, venivano infatti portati in Grecia o in Spagna o negli altri porti sicuri più vicini al luogo del salvataggio.

Negli anni in cui è stata attiva l’operazione Sophia è però vero che il flusso di migranti sulla rotta centrale del Mediterraneo fosse nettamente quello più consistente. Dunque è vero che molti migranti siano giunti in Italia – secondo quanto dichiarato da Salvini a gennaio 2019, sono stati 43.327 tra luglio 2015 e dicembre 2018 – a bordo della navi dell’operazione (come avevamo dimostrato, circa il 10 per cento degli arrivi totali in Italia nello stesso periodo).

Ma c’è anche da dire che il crollo negli arrivi in Italia, iniziato a metà 2017 dopo l’accordo trovato dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti con le fazioni libiche, ha dimostrato come la presenza delle navi militari dell’operazione Sophia non fosse il motivo per cui partivano i migranti.

Più semplicemente, finché il flusso è stato molto consistente, le navi militari erano obbligate dal diritto internazionale a salvare e portare in Italia molti migranti (comunque il 10 per cento del totale, come detto). Quando il flusso si è ridotto drasticamente, le navi hanno quindi iniziato a portare in Italia pochi migranti. Ma sbarcare i migranti in Italia non era lo scopo della loro missione, era al massimo un’attività inevitabile che affiancava i vari compiti dell’operazione Sophia.

Conclusione

Giorgia Meloni fa un’affermazione sostanzialmente scorretta. È vero che le navi militari dell’operazione Sophia (a cui partecipavano 26 Stati Ue) portavano in Italia i migranti salvati in mare, ma questo dipendeva soprattutto dal diritto internazionale. Al massimo si può sostenere che l’Italia, tramite gli accordi che hanno portato alla nascita dell’operazione Sophia negoziati dai governi a guida Pd, si sia fatta carico anche di una quota di migranti che altrimenti sarebbe spettata a Malta. Ma considerate le dimensioni dell’isola, si tratta comunque di una quota molto ridotta.

Lo scopo principale della missione Sophia è – o meglio, “era” finché c’erano navi operative nel Mediterraneo – contrastare il traffico di esseri umani. Altri compiti erano poi l’addestramento della Guardia costiera libica, il contrasto al traffico illegale di petrolio, l’applicazione dell’embargo sulle armi da e per la Libia. Non lo era invece il salvataggio e il trasporto dei migranti. Come detto, quello è un obbligo di diritto internazionale.

Il numero di migranti portati in Italia da navi dell’operazione Sophia (meno di 50 mila in totale) è circa il 10 per cento del totale. Questo totale si è ridotto drasticamente durante gli anni in cui è stata effettivamente attiva l’operazione: dai 180 mila del 2016 ai meno di 24 mila del 2018. Dunque la quantità di migranti che arrivavano in Italia dipendeva più dal numero di partenze dalla Libia – poi ridotto grazie agli accordi siglati da Minniti nell’estate del 2017 – che non dalla presenza delle navi dell’operazione Sophia.

di Pagella Politica di Agi

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