Cannabis, il caos delle sentenze (in attesa di una legge). L’avvocato: cosa si può e non si può vendere e comprare

Nessuna garanzia dalla Cassazione. Ancora tanto fumo attorno al mercato della Canapa

C’è ancora poca chiarezza attorno alla commercializzazione della cannabis light. Le motivazioni diffuse dalla Corte di cassazione, in merito alla sua sentenza del 30 maggio, avrebbero dovuto finalmente rispondere ai tanti dubbi che la sentenza di due mesi fa aveva suscitato tra i consumatori e, soprattutto, i commercianti.


«La commercializzazione di ‘cannabis sativa L’. e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge n.242 del 2016 che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa […] pertanto integrano reato le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della ‘cannabis sativa L., salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante», si legge nella sentenza del 30 maggio.


Un mese e mezzo dopo le motivazioni presentata dalle sezioni unite sembra aver portato più confusione, che chiarezza, nel tanto dibattuto mercato della cannabis light.

Le motivazioni della Cassazione

«È illecita la cessione, la messa in vendita, la commercializzazione di foglie, infiorescenze, olio e resina derivanti dalla coltivazione della cannabis light… anche a fronte di un contenuto di Thc inferiore ai valori indicati dalla legge 242», si legge nelle motivazioni.

Nella legge del 2016 veniva stabilito il tetto di thc legale per la vendita di cannabis light, ovvero entro lo 0.2%.

«Siamo arrabbiati», dichiara un commesso di Amsterdam Store, uno dei un negozi di cannabis light a Milano. «Attendo le verifiche sul contenuto di Thc».

Tra i commercianti la confusione è molta. «Se è inferiore allo 0.5% credo non avremmo problemi a tenere aperto», continua il dipendente.

Ma la sentenza del 30 maggio ha portato a un fuggi fuggi generale: «Tanti negozi hanno chiuso», continua. Ma una circolare del ministero dell’Interno del 2018, che interpreta la legge n.242 del 2016, afferma che rientrano nelle sostanza stupefacenti le infiorescenze che superano lo 0,5% di Thc.

La legge n.242 del 2016

I contorni della sentenza sono ancora piuttosto indefiniti. La legge del 2 dicembre 2016, definisce le finalità della coltivazione e vendita di prodotti derivanti dalla canapa, così la commercializzazione della cannabis light. Ma le ultime motivazioni della Cassazione «escludono che la legge del 2016 possa applicarsi anche al commercio di infiorescenze».

«Il coltivatore può produrre e coltivare le sementi certificate seguendo però gli obiettivi e le finalità che sono indicate nell’articolo 2, e tra queste finalità non rientra anche la commercializzazione delle infiorescenze», chiarisce a Open, Claudio Miglio. Lui, insieme all’avvocato Lorenzo Simonetti avevano fatto ricorso in Cassazione, in difesa di Virgilio Gesmundo, l’imprenditore di Caserta che il 5 giugno scorso si era visto sequestrare il suo negozio di Cannabis. Il giudice aveva accolto l’istanza dei due avvocati disponendo il dissequestro dell’attività.

Il sequestro era arrivato a seguito del pronunciamento della Cassazione dello scorso 30 maggio. Ora, molti commercianti temono che le motivazioni possano portare a ulteriori chiusure. Ma è davvero così? «Per il commerciante che mette sul mercato infiorescenze la legge non legittima il suo operato. A questo punto, però – chiarisce Miglio – torna a valere la disciplina generale in termini di stupefacenti».

Secondo il Testo unico in materia di disciplina di stupefacenti la cannabis, come specie botanica, è considerata una sostanza drogante e quindi «il commerciante commetterebbe un reato». Ma nel pronunciamento della Cassazione entra in gioco un’altra variante che di fatto lascia l’imprenditore in un limbo.

Offensiva della condotta

«La Cassazione spiega che va valutata l’offensiva della condotta del commerciante. Ovvero, va verificato se i fiori esposti abbiano o meno un’efficacia drogante, in caso contrario non saremmo di fronte a un reato», dichiara Miglio che sottolinea come la Cassazione non chiarisca se un livello di Thc dello 0,5% sia da considerare offensivo oppure no.

«La Cassazione non fornisce una certezza giuridica. A questo punto entra in gioco la sentenza del riesame di Genova che affronta questo problema e lo risolve. Lo 0,5% di thc non è offensivo perché non ha efficacia drogante», dice Miglio che ribadisce come le infiorescenze commercializzate fino allo 0,5%, ad oggi, sulla base della tossicologia forense, e sulla base di altre decisioni giurisprudenziali non abbiano un effetto drogante.

Thc 0,5%: effetto drogante o meno?

Ma se la tossicologia forense si è pronuncia sull’efficacia drogante la Cassazione ha sorvolato la questione, invocando l’intervento del legislatore. «La questione del livello di Thc sopra cui siamo di fronte a una sostanza stupefacente è lasciata in sospeso perché non c’è nessuna norma che stabilisca entro quale livello di Thc ci troviamo nei limiti della vendita legale. Ancora oggi manca una chiarezza normativa».

Le paure dei commercianti

Una chiarezza normativa che per l’avvocato Miglio, così come per le sezioni unite, «spetta al legislatore». La normativa fumosa non aiuta il mercato e le preoccupazioni sono tante. «Abbiamo ricevuto tante chiamate di commercianti impauriti: “Dobbiamo chiudere o possiamo continuare a vendere i fiori”?». Non ci sono risposte certe: «Quell’ambiguità di incertezza su che cosa si debba intendere su efficacia drogante c’era prima e c’è oggi”.

La canapa in Europa

Ma l’incertezza attorno al mercato della canapa italiana è paradossale se paragonata al resto del Continente. «Una legge così permissiva rivolta al coltivatore in Europa non c’è. Negli altri Paesi europei si attesta il livello di Thc per la produzione industriale entro lo 0.2%», sottolinea Miglio.

«Negli altri paesi europei non c’era molta volta di intraprendere business delle infiorescenze di cannabis light perché fino allo 0.2 per cento, secondo i commercianti, manca il gusto del fiore. Tanto è vero che molti nostri clienti ci dicono che il mercato nel quale operano e vendono, più che il mercato italiano è il mercato estero se però il fiore non supera lo 0.2%. ».

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