Caos Pd, Faraone si autosospende. Ira dei renziani

Polemiche dopo la decisione della commissione nazionale di garanzia dei democratici di annullare la sua elezione a segretario del Pd Sicilia. «Se mi hanno commissariato perché faccio troppa opposizione al governo, si sappia che da domani ne farò ancora di più», attacca Faraone

«Sospendo la mia iscrizione a questo partito. Rimango iscritto al gruppo parlamentare del Pd, continuerò la battaglia per la mia gente e contro questo governo e contro ogni inciucio coi Cinque Stelle». Lo annuncia su Facebook Davide Faraone, dopo la decisione della commissione nazionale di garanzia dei democratici di annullare la sua elezione a segretario del Pd Sicilia.


Teresa Piccione, candidata in quota zingarettiana, aveva infatti abbandonato i campo e la competizione – lasciando in corsa solo lo stesso Faraone, renziano della prima ora – dopo aver denunciato presunte violazioni dello statuto e del regolamento durante le primarie siciliane di dicembre.


Ed è caos all’interno del Pd, con l’ala renziana del partito che chiede conto al segretario, Nicola Zingaretti, della decisione su Faraone. «La vicenda siciliana del Pd non può essere chiusa con l’autosospensione di Davide Faraone», dice il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, che chiede un chiarimento al segretario alla prossima direzione del partito il 26 luglio: «Il segretario predica l’unità e il superamento delle correnti, ma troppo spesso è condizionato dalla sua».

L’affondo di Faraone

«Se mi hanno commissariato perché faccio troppa opposizione al governo, si sappia che da domani ne farò ancora di più», attacca Faraone. «E che forse il nuovo Pd dovrebbe occuparsi di fare opposizione a chi sostiene il governo di Di Maio e Salvini, non a chi ha sostenuto i governi del Pd. Io appartengo al Partito democratico. Se questo partito non è più democratico e cancella i risultati dei congressi, sospendo la mia iscrizione al Pd. Ma lavoro ancora più forte contro questo governo che fa male all’Italia. E che fa tanto male alla Sicilia ed al Mezzogiorno».

Mentre eravamo alla commemorazione di Paolo Borsellino, è arrivata la notizia che il “nuovo Pd” commissariava il Pd…

Posted by Davide Faraone on Saturday, July 20, 2019

«Nessuna decisione politica e semplice rispetto delle regole», assicura con una nota, il presidente della commissione di garanzia dem. «Tra le numerose violazioni più rilevanti che la commissione ha evidenziato, ci sono la decisione di non far votare gli iscritti che, a norma di statuto regionale siciliano, eleggono il 40% dell’assemblea regionale; la violazione delle regole congressuali per la presentazione delle liste dei candidati all’assemblea: non sono stati utilizzati i moduli previsti, non sono state presentate le firme a sostegno delle liste come previsto, non è stato consentito alla commissione regionale del congresso di verificare i requisiti di candidabilità dei candidati nelle liste».

«Spero che l’amico Davide ripensi le sue decisioni e il segretario, che è garante dell’unità, trovi una soluzione politica che mantenga serenità in un momento così cruciale per la nostra battaglia», prova a conciliare il capogruppo dem alla Camera Graziano Delrio.

Faraone e il “nuovo Pd”

«Evidentemente al ‘nuovo Pd’ danno fastidio le battaglie che io ho fatto, ultima delle quali la marcia tra Ragusa e Catania per attaccare il governo nazionale. O la richiesta della mozione di sfiducia a Salvini contro il quale ho schierato il Pd siciliano a testa alta», tuona Faraone su Facebook. «Io li ho sentiti con le mie orecchie gli insulti dei leghisti a Lampedusa, ci ho messo la faccia mentre altri stavano tranquilli nei loro palazzi romani. Se non lo sfiduciamo oggi, quando lo sfiduciamo un ministro del genere? Ma il nuovo Pd non ha voglia di sfiduciare Salvini, avendo come priorità quella di sfiduciare Davide Faraone. Se non fosse una cosa seria, mi metterei a ridere».

«È pazzesco con tutto quello che sta avvenendo in Italia sul Russiagate e la crisi nel Governo che una parte di renziani tiri Zingaretti dentro una polemica nella quale non c’entra nulla», dice all’AdnKronos un esponente Pd molto vicino al segretario Nicola Zingaretti. «Il segretario non entra e non entrerà mai nel merito delle decisioni della commissione nazionale di garanzia. Non vorrei che qualcuno nel Pd pretenda l’immunità solo perché parte di qualche gruppo…».

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