Incidenti stradali, meno morti, ma non tra i giovani. Cosa dice il rapporto Aci-Istat

Nel 2018, il numero di giovani morti in incidenti stradali è aumentato esponenzialmente rispetto al 2017. Il quadro generale sembra in miglioramento, ma alcune categorie rimangono ad alto rischio di mortalità

Solo tra il 13 e il 14 luglio di quest anno, in tutta Italia sono morti 12 giovani per incidente stradale. Jesolo, Venezia, Genova, Cesena, Caserta, Vittoria. Sui giornali si è tornati a utilizzare l’espressione “le stragi del sabato sera”, una formula che sembrava dover rimanere confinata agli inizi del secolo per un calo effettivo della mortalità sulle strade con il passare degli anni.


E i morti, in effetti, sono diminuiti. Il weekend di inizio estate non è un esempio a tutto tondo della situazione sulle strade d’Italia. Ma nonostante i dati incoraggianti, l’ultimo rapporto Aci-Istat ci parla di un 2018 problematico: rispetto al 2017, si è verificata una crescita notevole (+ -25,4%) dei decessi tra i giovani dai 15 ai 19.


Dagli anni Novanta a oggi, il numero dei controlli stradali da parte delle forze dell’ordine si è moltiplicato. I dati diffusi dalle autorità parlano di oltre un milione di persone controllate e oltre 30mila sanzioni per guida in stato di ebrezza. Ora la polizia stradale sta valutando la possibilità di introdurre norme preventive più rigide, mirate a vietare al possessore di patente di «bere anche occasionalmente».

Quali sono le categorie più sensibili?

Secondo il rapporto, le fasce d’età più a rischio risultano i giovani tra 15 e 24 anni (413 morti nel 2018, il 12,4% del totale; 70,2 decessi per un milione di residenti) e gli anziani tra 70 e 74 anni (222 morti, il 6,7% del totale; 78,4 decessi per un milione di residenti).

L’aumento dei morti ha riguardato, in modo particolare, ciclomotoristi (108 morti, +17,4%), che si confermano tra le categorie più a rischio, e pedoni (609; +1,5%). Nel 2018 si sono registrate 1.420 vittime tra conducenti e passeggeri di autovetture (-3%), 685 tra i motociclisti (-6,8%), 219 tra i ciclisti (-13,8%).

Crescono (+10,5%) i morti sulle autostrade (e i 43 morti di Genova sul Ponte Morandi sono compresi nella statistica), mentre scendono quelli all’interno dei centri abitati (-4,4%) e sulle strade extraurbane (-1,2%).

Perché?

Distrazione, mancato rispetto della precedenza o del semaforo, velocità troppo elevata si confermano, anche nel 2018, le prime tre cause di incidente. Certo, i numeri sono notevolmente inferiori a quelli degli inizi degli anni 2000: dal 2010 al 2018, il numero di vittime è diminuito con una media del 2,6%. Ma è un dato che è inferiore a quanto stimato per l’obiettivo europeo – «ormai irraggiungibile» – che è quello di dimezzare il numero di morti entro il 2020.

Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia (l’ente che ha contribuito a stilare il rapporto) ha parlato di un «aumento delle vittime delle categorie vulnerabile, in particolare tra i pedoni». Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, ha parlato anche di una «situazione stagnante».

«Sarà necessario intensificare gli sforzi – ha spiegato Blangiardo – anche in vista dei nuovi target per la sicurezza stradale previsti nell’agenda 2030. Gli obiettivi saranno basati su indicatori di prestazione riferiti a diversi ambiti, tra i quali velocità, infrastrutture, uso dei sistemi di protezione e distrazione alla guida. Inoltre, per venire incontro alle esigenze informative future, l’offerta di dati e strumenti di analisi dell’Istat è stata arricchita anche dalla nuova frontiera delle statistiche sperimentali; di recente pubblicazione sono i nuovi indicatori di incidentalità stradale basati sull’utilizzo di big data».

Manuela Barbarossa, presidente dell’Associazione Italiana Vittime della Strada, in un’intervista a Radio Tre del 15 luglio ha parlato di una vera e propria «strage». Le statistiche, ha spiegato, non vanno solo valutate, ma anche interpretate: «Non siamo adeguatamente attrezzati per tutelare i giovani in strada. Ci sono fenomeni che eticamente si sottraggono alle statistiche. Bisogna aumentare i controlli, essere più presenti sul territorio, elaborare delle forme di intervento mirate».

Le morti sono diminuite, sì, ma ci sono ancora: «Il 75% degli incidenti avvengono in città e in situazioni specifiche: cellulare, stato di alterazione da sostanze stupefacenti. Lo Stato deve concentrarsi su quello che è la prevenzione e l’educazione».

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