La Russia punta all’Artico: lanciata la prima centrale nucleare galleggiante

L’impianto «Accademico Lomonosov» è partito il 23 agosto da Murmanks e impiegherà due settimane per raggiungere il porto di Pevik

Un viaggio di 5mila chilometri per raggiungere Pevik, una delle più remote città portuali al mondo. È questo il percorso che ha intrapreso Lomonosov, la prima centrale nucleare galleggiante made in Russia. L’impianto a due reattori, carico di combustibile nucleare, è partito da Murmanks e attraverserà l’Oceano Artico fino alla sua estremità orientale, nella regione della Chukotka con l’obbiettivo, a partire da dicembre, di produrre e fornire elettricità all’intera area.


Ma la partenza di Lomonosov arriva a due settimane dall’incidente nucleare che ha coinvolto la base militare russa di Severodvinsk, l’8 agosto scorso, che ha causato la morte di sette persone. Sulle dinamiche Mosca continua a mantenere la riservatezza, nonostante l’intelligence americana abbia parlato di un test fallito su un missile da crociera a propulsione nucleare.


Le rotte artiche

Una rotta, quella attraverso il Mare del Nord, che con lo scioglimento dei ghiacciai ha aperto nuovi percorsi commerciali tra la Cina e l’Europa, e per la Russia, che spera di renderli navigabili tutto l’anno. Un progetto di sfruttamento politico ed energetico che con Lomonosov apre un nuovo capitolo per la strategia russa nell’artico.

La costruzione dell’impianto è durata 12 anni e, assicura l’agenzia nucleare russa, Rosatom, i vantaggi di un reattore mobile sono molti: permetterà di ridurre i costi di produzione e distribuzione dell’energia, nonché di fornirla energia alle zone più remote del pianeta.

Ma la Russia non è la prima a lanciare un impianto nucleare galleggiante. Tra il 1968 e il 1975, attraverso una nave riconvertita, la MH-1A, gli Stati Uniti producevano elettricità a Panama. Anche la Cina, che con la Russia ha dei forti legami politico-economici sarebbe intenzionata a produrre circa 20 impianti nucleare galleggianti entro i prossimi dieci anni.

Le preoccupazioni per l’ambiente

Ma secondo la ong ambientale Greenpeace, visto anche il recente incidente nucleare nella regione siberiana, i rischi per l’ambiente sarebbero molti. Tanto che già due anni fa Greenpeace aveva descritto il progetto come un «Titanic nucleare» o «la Chernobyl sul ghiaccio». Secondo gli ambientalisti il nuovo progetto russo sarebbe solo uno specchietto per le allodole per attrarre investimenti stranieri.

«Siamo sicuri che non sia stato costruito per rispondere alle necessità energetiche della regione di Chukotka, ma come un modello da mostrare a possibili clienti stranieri», ha dichiarato Rashid Alimov, responsabile per la ong delle campagne nucleari.

Ma da Mosca ribattono e a Murmansk, l’esperto di sicurezza nucleare Andrey Zolotkov afferma che non ci sono grandi ragioni per preoccuparsi della gestione del combustibile nucleare esaurito se la centrale verrà rimorchiata alla base di Rosatomflot.

«La gestione del combustibile nucleare esaurito attraverso la base Atomflot è già una pratica consolidata, compreso l’ulteriore trasporto ferroviario», ha ha raccontato in un’intervista Skype al quotidiano norvegese Barents Observer.

I piani di Mosca per l’Artico

Una recente inchiesta di Barents Observer ha mostrato come l’ultimo gioiello tecnologico dell’agenzia nucleare russa rientri nei più ampi piani di Mosca per uno sfruttamento delle nuove vie dell’Artico.

Il documento elenca i nuovi sottomarini missilistici multiuso e balistici attualmente in costruzione a Severodvinsk. Sottolinea inoltre come Mosca abbia costruito nuovi sistemi di consegna di armi nucleari alimentati da piccoli reattori nucleari, come il missile Burevestnik e il drone sottomarino Poseidon.

Secondo l’elenco ci sono oggi 39 navi o installazioni a propulsione nucleare nell’Artico russo per un totale di 62 reattori. Ciò include 31 sottomarini, una nave da guerra di superficie, cinque rompighiaccio, due centrali nucleari a terra e una galleggiante.

Tra 15 anni, si stima che il numero di navi, compresi sottomarini e installazioni alimentate da reattori, salirà a 74 con un totale di 94 reattori, forse addirittura 114. Tanto che per il Barents Observer «entro il 2035, nell’Artico russo ci saranno le acque più nuclearizzate del pianeta».

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