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Russia, nuovi particolari (e parecchie incognite) sull’incidente nucleare di Severodvinsk

04 Settembre 2019 - 06:32 Juanne Pili
Cosa ha provocato la morte di cinque scienziati e radiazioni sopra la norma a Severodvinsk?

Dopo quasi un mese dal presunto incidente nucleare di Severodvinsk, in Russia, il numero di incognite su quanto è realmente accaduto supera quello delle certezze.

Sappiamo che ci sono stati dei morti, diversi feriti, e sono state riscontrate tracce significative di radionuclidi nella regione, tanto che Greenpeace ha chiesto maggiori chiarimenti alle autorità russe, mentre in Norvegia tra il 9 e 12 agosto sono stati rilevati lievi aumenti di radioattività.

Precedenti informazioni sul presunto riarmo di Mosca raccontano di missili a testata e propulsione nucleare paragonabili agli Slam americani: i Burevestnik. Che sia stato provocato un incidente con uno di questi missili, partito forse dalla vicina base di Nenoksa, distante poco più di 30 chilometri da Severodvinsk?

Di tutte queste ipotesi avevamo parlato in precedenti articoli con il fisico nucleare Enrico D’Urso, intanto altri studiosi hanno fatto il punto su quello che è trapelato fino a oggi. Nature ne ha pubblicato un resoconto il 30 agosto, rilevando nuovi particolari e sollevando maggiori incognite.  

Tutti gli indizi a disposizione

Il parere dominante tra gli esperti è che gli isotopi dietro il picco di radiazioni registrato possano spiegarsi con l’esplosione di un reattore nucleare. Il problema è che ancora non possiamo sostenere con certezza che sia stato un missile a provocarlo. Si tratta dell’ipotesi più accreditata al momento, ma deriva dall’interpretazione di fonti discordanti tra loro.

«Le informazioni suggeriscono che un reattore nucleare sia stato coinvolto nell’esplosione – riporta Nature – il che dà peso alla teoria secondo cui la Russia stesse testando un missile noto come Burevestintnik o Skyfall. Il presidente Vladimir Putin ha dichiarato al parlamento russo nel 2018 che la nazione stava sviluppando il missile, che è spinto da un reattore nucleare di bordo e potrebbe avere una portata illimitata».

Sappiamo per certo che a un giorno dall’incidente l’Agenzia nucleare russa ha parlato di un «test su un sistema di propulsione liquida che coinvolge isotopi». Il 26 agosto analizzando campioni di acqua piovana e atmosfera sono stati rilevati elementi come stronzio91, bario139 e lantanio140.

Si tratta di elementi a vita breve che vengono generati nel nucleo di un reattore a seguito della fissione dell’uranio. Sono rilevabili solo per un breve lasso di tempo.

Un’esplosione porta anche al rilascio di iodio (rilevato in Norvegia, ma sembra non esserci alcun nesso causale) e cesio (di cui sarebbero stati contaminati i medici locali che hanno operato dopo il presunto incidente, secondo una fonte del The Moscow Times del 16 agosto). Si tratta di elementi che vengono generati nel nucleo di un reattore, a seguito del decadimento dell’uranio.

Boris Zhuikov dell’Istituto per la ricerca nucleare dell’Accademia delle scienze russa ha dato una sua interpretazione: stando a tutti questi elementi, l’esplosione riguarderebbe l’alloggiamento di un reattore, non  il nocciolo. Tuttavia si tratta di una analisi che non ha trovato concordi tutti gli esperti.

I morti accertati sono cinque, tutti scienziati: Alexei Viushin, Evgeny Kortaev, Vyacheslav Lipshev, Sergei Pichugin e Vladislav Yanovsky. Non sappiamo però la causa del decesso che non necessariamente si spiegherebbe con le radiazioni, mentre un’altra spiegazione potrebbe essere l’incidente stesso, potrebbero quindi essere morti nella distruzione della piattaforma di lancio in mare.

Di cosa si occupavano? Ufficialmente oggi non è ancora dato saperlo. Stavano lavorando a «una ricerca». Vuishin in particolare aveva nel suo curriculum una collaborazione al Cern di Ginevra conclusasi nel 2016.

Cos’altro può spiegare il fenomeno?

Secondo le ricostruzioni, il missile Burevestintnik sarebbe partito da una piattaforma in mare, dove sarebbero morti i cinque scienziati. Tuttavia secondo Michael Kofman del Wilson Center di Washington DC, i conti non tornano.

Far partire un reattore del genere su un missile avrebbe richiesto di rimuoverne la schermatura, in modo da renderlo più leggero. «Non ha senso che gli scienziati russi si trovassero attorno a qualsiasi tipo di reattore testato senza adeguata schermatura». 

L’unica soluzione sarebbe stata far partire il missile da una piattaforma terrestre: una struttura piuttosto visibile, secondo l’esperto. Quindi Kofman esclude l’ipotesi del «dispositivo di propulsione per un missile».

Tra le opzioni resterebbero «un siluro a propulsione nucleare, un reattore nucleare sottomarino pressurizzato per l’alimentazione di infrastrutture sottomarine o un piccolo reattore per applicazioni spaziali».

Ora le indagini si stanno concentrando sull’analisi dei filtri dell’aria delle auto nei pressi dell’incidente. Gli elementi trovati verranno confrontati con quelli di altre fonti provenienti da zone coinvolte con certezza in incidenti nucleari, come la zona di Fukushima. Tutto questo dovrà essere fatto in fretta, prima che decadano gli isotopi.

Altri dati importanti potrebbero provenire dall’autopsia degli scienziati deceduti nell’incidente, studiando anche le loro interazioni sui social network e le pubblicazioni precedenti. Conoscere con esattezza a cosa stavano lavorando potrebbe fornire ulteriori indizi.

Per quanto riguarda la popolazione locale, per fortuna la situazione non sembra paragonabile all’incidente di Chernobyl del 1986, con radiazioni gamma settemila volte più alte della norma, mentre in questo caso sono “solo” 16 volte sopra il limite, per un breve lasso di tempo.

Foto di copertina: BBC/Test di lancio di un missile Burevestnik in Russia.

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