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Tv pirata, la resistenza degli scrocconi: come la galassia prova a sfuggire anche a Eurojust

Una battaglia vinta dalle forze dell’ordine, ma la guerra è ancora lunga: dagli intermediari napoletani ai server dell’Est Europa, c’è un senso di impunità difficile da scardinare

La doppietta di Llorente a Lecce, così come quella della Ferrari a Singapore, ha emozionato Napoli e l’Italia intera. In tanti, domenica 22 settembre, sono rimasti incollati ai teleschermi. In molti, anche in Campania, cuore nevralgico dello scandalo Iptv, sono riusciti a collegarsi alle piattaforme streaming illegali, nonostante l’operazione della Guardia di Finanza di giovedì scorso. Un malcostume difficile da eliminare nel nostro Paese: al gol non si comanda, ma se si può risparmiare sull’abbonamento…


Il senso di impunità

Le multe fino a 28mila euro e i 3 anni di carcere non hanno fatto desistere gli utenti. Così, dopo il “disguido” dell’operazione internazionale che ha coinvolto anche Eurojust, i gestori delle liste di canali illegali hanno trovato il modo di “aggiustare” il problema. Su Whatsapp e Facebook, chi aveva venduto il codice per accedere al palinsesto fraudolento, ha provveduto a fornire una nuova chiave d’accesso. Chiusi i server in Bulgaria, la struttura sopravvive e si sposta altrove.


Il messaggio su YouTube

Sul canale iTrustStream della piattaforma video di Google, è stato caricato un filmato di 12 minuti in cui il responsabile dell’azienda, che gestisce una rete Iptv di 5 mila canali in tutto il mondo, ha rilasciato un comunicato. Come se fosse l’amministratore delegato di una vera emittente televisiva, l’uomo ha spiegato agli oltre 100mila iscritti alla sua pagina: «Hanno sequestrato Xtream Codes. Il sistema per connettere i nostri clienti ai server è inutilizzabile. Non preoccupatevi: nessuna delle vostre informazioni è memorizzata – dice, e rassicura -. Ci vogliono alcuni giorni per programmare un software di gestione tutto nostro, ci stiamo lavorando e torneremo presto in onda».

Tutto come prima

Stando a quanto si legge su forum e vecchi utilizzatori del sistema Iptv, non sono pochi quelli che, quest’ultimo weekend, hanno potuto vedere la propria squadra del cuore. I codici per collegarsi hanno ripreso a girare nelle chat e nei gruppi online, copia e incolla, ed ecco Insigne che segna il calcio di rigore allo stadio Via del Mare. Ai gestori delle liste di canali è bastato cambiare i server di appoggio (quelli utilizzati fino allo scorso giovedì sono sotto sequestro) è gli abbonamenti illegali hanno ripreso a funzionare.

Cos’è il pezzotto

Una parola squisitamente napoletana, diventata d’uso comune su tutto il territorio nazionale: deriva dall’aggettivo “appezzottato”, falso, contraffatto. Quando si parla di pezzotto per la tv, il riferimento è a una scatoletta, un decoder, il cui nome tecnico sarebbe Box Android. L’aggeggio va collegato alla tv e alla linea telefonica, per internet, e il gioco è fatto: il gestore della rete pirata estrapola il segnale originale dell’emittente, lo invia a server, perlopiù esteri, dove viene moltiplicato e reindirizzato agli utenti abbonati al servizio illegale. Il pezzotto serve a decodificare quel segnale che si trasmette tramite internet per renderlo visualizzabile sulle tv.

Pezzotti, pezzotti ovunque

A Napoli te li propinano i tassisti insieme a una maglietta con la scritta “PZZ8”, imitando il carattere di DAZN. A Bari si vendono sottobanco nei negozi di elettronica. A Milano è facile trovarli nei “negozi cinesi”. L’apparecchio ha un costo che oscilla tra i 100 e i 180 euro e l’abbonamento non supera mai i 15 euro mensili. Una cifra irrisoria in confronto ai pacchetti offerti dalle pay tv. Che, però, moltiplicata per gli almeno cinque milioni di utenti coinvolti nell’ultima inchiesta, crea un volume di affari enorme. Contestualmente, meno entrate e perdita di posti di lavoro per le emittenti che si dissanguano per accaparrarsi i diritti, soprattutto degli eventi sportivi.

La forza del passaparola

Non c’è una struttura di promozione del sistema, benché la sua diffusione avvenga alla luce del sole. Passaparola e senso di impunità bastano a ingolosire chi vuole eliminare una spesa domestica senza rinunciare alla partita della domenica pomeriggio. Basta una chiacchierata con chi il sistema ce l’ha già per essere messi in contatto con degli intermediari. Poi ci sono due strade percorribili per ottenere il servizio illegale.

Il ruolo degli intermediari

Il primo metodo è quello di acquistare oggetti apparentemente comuni (bulloni, pantofole) da siti di ecommerce stranieri. Anziché il prodotto acquistato, viene spedito a casa dell’acquirente un codice che consente la visione dei canali sulle piattaforme Iptv. La seconda strada è acquistarlo direttamente dall’intermediario e pagarlo tramite ricarica Paypal o Postepay. Stesso metodo di pagamento per versare l’abbonamento mensile. Gli intermediari, solitamente, provano a vendere anche il pezzotto per avere un margine di guadagno maggiore. Se si utilizza il cellulare o un tablet, però, il decoder speciale non è necessario: esistono decine di app in grado di decodificare i segnali trasmessi con la metodologia dell’Iptv.

Le Iptv non sono per forza illegali

Un falso mito è che qualsiasi tipo di Internet Protocol Television sia contro la legge. In realtà, il sistema nasce per guardare segnali televisivi sfruttando la connessione a internet. Per funzionare, le Iptv hanno bisogno di una piattaforma, un software apposito dove l’utente deve caricare la lista di canali: questo permette al sistema di rintracciare la fonte di trasmissione alla quale collegarsi. Un server, praticamente, che condivide la propria fonte di acquisizione originale.

Xtream Codes, legale o illegale?

La già citata Xtream Codes, per esempio, non è una piattaforma pirata e non vendeva abbonamenti illegali. Si tratta di un software gestionale, tra i più diffusi sul mercato, che serve a gestire le liste Iptv. Nel corso delle indagini, è stato sequestrato perché usato da criminali, ma Xtream Codes, ancora raggiungibile offline, nascerebbe per usi leciti: hotel e aziende possono usarlo per trasmettere in ogni stanza un programma tramite un solo cavo Lan. Gli inquirenti stanno investigando su quanta collaborazione ci sia stata tra la società e i gestori di Iptv illegali.

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